E' la volta di Kevin Lynch e il suo L'immagine della città, Marsilio, 1960.
Il capitolo di seguito riportato è il risultato di una serie interviste fatte in diverse città americane, in cui a cittadini comuni venivano poste domande per comprendere i meccanismi che producono la percezione della città. Pragmatismo e impronta scientifica pervadono tutto il testo, e la parte che segue non fa eccezione, ed è straordinario osservare quanti punti di vicinanza vi siano con autori molto diversi tra loro: Gianfranco Caniggia e Nikos Salìngaros prima di tutti, di cui seguiranno i post.
Altrettanto significativo è rileggere il post di Ettore Maria Mazzola per verificarne affinità e differenze.
Del libro in inglese, che è ormai un classico, esiste la pubblicazione di ampi stralci su Google libri.
Il disegno dei percorsi
Elevare la figurabilità dell’ambiente urbano significa facilitare la sua identificazione visiva e la sua strutturazione. Gli elementi precedentemente isolati – percorsi, margini, riferimenti, nodi e regioni – sono i blocchi di costruzione nel processo di edificare strutture ferme e differenziate alla scala urbana. Quali suggerimenti possiamo trarre dal materiale precedente sulle caratteristiche che tali elementi potrebbero avere in un ambiente veramente figurabile?
Il percorsi, la trama di linee di movimento abituale o potenziale attraverso il complesso urbano, sono lo strumento più potente per ordinare l’insieme. Le linee chiave dovrebbero possedere qualche attributo singolare, che le individua rispetto ai canali circostanti: una concentrazione di qualche uso o attività special sui loro lati, una qualità spaziale caratteristica, una particolare grana di pavimentazione o di facciata, uno specifico schema di illuminazione, un complesso unico di colori e rumori, un dettaglio tipico o un sistema di alberature. Washington Street può essere conosciuta per l’intensità dei suoi commerci e per il suo spazio e feritoia, Commonwealth Avenue, per la sua fila centrale di alberi allineati.
Questi attributi dovrebbero venir impiegati in modo da conferire continuità al percorso. Se uno o più di essi è coerentemente adoperato in tutta la lunghezza, allora il percorso può essere figurato come un elemento continuo, unificato. Può trattarsi di una alberatura a viale, di un colore o di una grana singolare nella pavimentazione, o della classica continuità delle facciate marginali. La regolarità può essere ritmica, una ripetizione di spazi aperti, monumenti o negozi d’angolo. La stessa concentrazione di traffico abituale lungo un percorso, come avviene con una linea di trasporti pubblici, rinforzerà questa immagine familiare e continua.
Questo conduce a quella che potremmo chiamare una gerarchia visiva delle strade e delle vie, analoga alla consueta raccomandazione di una gerarchia funzionale: un’individuazione sensibile dei canali chiave, e la loro unificazione come elementi percettivi continui. Questo è il telaio per l’immagine urbana.
La linea di movimento dovrebbe possedere chiarezza nella direzione. Il meccanismo guida del cervello umano è sconcertato da una lunga successione di svolte o da curve graduali che alla fine producono cambiamenti direzionali di maggiore entità. Le svolte continue delle calli veneziane o delle strade di uno dei romantici piani dell’Olmsted, o la curvatura graduale di Atlantic Avenue a Boston, confondono subito osservatori che non siano già smaliziati. Un percorso diritto ha naturalmente una chiara direzione , ma lo stesso può dirsi di uno che ha svolte ben definite, prossime ai 90°, o di un’altra che abbia molti lievi ondeggiamenti, ma che non perda mai la sua direzione fondamentale.
Gli osservatori sembrano conferire ai percorsi un senso di collimazione o di irreversibilità direzionale e sembrano identificare una strada attraverso la destinazione cui essa è orientata. In effetti una strada è percepita come una cosa che va verso qualcosa. Il percorso dovrebbe sostenere percettivamente questa sensazione attraverso dei punti terminali forti, e attraverso un gradiente o una differenziazione direzionale, in modo da ottenere un senso di progressione e da diversificare le opposte direzioni. Un gradiente comune è quello della pendenza del terreno, che di solito è riflesso nelle indicazione date al passante di andar “su” o “giù” per la strada. Ma ve ne sono molti altri. Un progressivo infittirsi di insegne, negozi o pedoni può contrassegnare l’avvicinamento di un nodo commerciale; può anche esistere un gradiente nel colore o nella densità dell’alberatura; un accorciarsi della lunghezza degli isolati o una strozzatura dello spazio possono segnalare la prossimità del centro cittadino. Pure le asimmetrie possono venire impiegate. Può darsi che uno possa procedere “tenendo il parco sulla sinistra”, o “muovendo verso la cupola dorata”. Si possono usare frecce segnaletiche, o tutte le superfici disposte in una determinata direzione potrebbero avere colori convenzionali. Tutti questi artifizi fanno del percorso un elemento orientato, al quale altri possono venir riferiti. Non vi è alcun pericolo di commettere un errore di direzione.
Se le posizioni lungo il percorso possono venir differenziate in qualche modo misurabile, la linea sarà allora non soltanto orientata, ma anche modulata. La normale numerazione anagrafica è una tecnica siffatta. Un sistema meno astratto è quello di contrassegnare un punto identificabile lungo la linea cosicché altri luoghi possono venir pensati come “prima” e “dopo”. Parecchi punti di controllo migliorano la definizione. Oppure un attributo, (come l’ampiezza del corridoio) può avere una modulazione di gradiente a saggio variabile, cosicché la stessa variazione assume una forma misurabile. In tal modo uno potrebbe dire che un certo osto è “giusto prima che la strada si restringa assai rapidamente” o “sul fianco della collina prima della salita finale”. Chi si muove può sentire non soltanto “sto procedendo nella direzione giusta”, ma anche “vi sono quasi arrivato”. Quando il tragitto contiene una simile serie di eventi distinti, il raggiungimento ed il sorpasso di un obiettivo intermedio dopo l’altro, l’itinerario stesso acquista significato e diviene in se stesso un’esperienza.
Gli osservatori sono colpiti persino nella memoria, da una evidente qualità “cinestetica” di un percorso, dal senso di movimento nel suo sviluppo: svolte, salite, discese. Ciò è particolarmente vero quando il percorso è compiuto a velocità elevata. Una grande curva in discesa, che avvicina il centro di una città, può produrre una immagine indimenticabile. Sensazioni tattili ed inerziali partecipano in questa percezione d movimento, ma la visone sembra essere predominante. Lungo il percorso possono esser disposti oggetti per acuire la parallassi o prospettiva del movimento, o può essere reso visibile in precedenza il futuro andamento del percorso. La conformazione dinamica della linea di movimento potrà conferire ad essa identità e produrre nel tempo una esperienza continuativa.
Ogni esposizione visiva del percorso o del suo obiettivo, ne rafforza l’immagine. Ciò può essere fatto da un grande ponte, un grande viale assiale, un profilo concavo o la silhouette lontana della destinazione finale. La presenza del percorso può essere resa evidente da grandi riferimenti situati lungo di esso o da altri indizi. La vitale linea di circolazione diviene palpabile ai nostri occhi, e può divenire il simbolo di una fondamentale attività urbana. Di converso, se il percorso rivela al viaggiatore la presenza di altri elementi della città, l’esperienza può venire acuita: se esso li penetra o li tocca tangenzialmente, se offre indizi e simboli di ciò che viene sorpassato. Una linea sotterranea, ad esempio, anziché essere seppellita viva, potrebbe improvvisamente attraversare la stessa zona dei negozi, o la sua stazione potrebbe improvvisamente richiamare nella forma la natura della città che sta sopra. Il percorso potrebbe essere conformato in modo da rendere evidente ai sensi il tragitto medesimo: corsie divise, rampe e spirali consentirebbero al traffico di indulgere nelal contemplazione di se stesso. Queste sono tutte tecniche per arricchire l’ambito visivo del viaggiatore.
Di regola una città è strutturata secondo un organizzato sistema di percorsi. In questo sistema il punto strategico è l’incrocio, il luogo di connessione e di decisione per chi è in movimento. Se questo può essere chiaramente visualizzato, se l’incrocio produce di per se stesso una immagine vivida, e se la giacitura di due percorsi l’uno rispetto all’altro è chiaramente espressa, in tal caso l’osservatore può costruire una struttura soddisfacente ……
Una congiunzione di più di due percorsi è normalmente difficile da concepire. Una struttura di percorsi deve avere una certa semplicità di forma per produrre un’immagine chiara. La semplicità è richiesta in senso topologico piuttosto che geometrico, sicché un incrocio regolare, ma ad angoli approssimativamente retti, è preferibile ad un trivio rigorosamente disegnato. Esempi di simili semplici strutture sono sistemi paralleli o a fuso; croci ad una, a due e a tre sbarre; rettangoli; o pochi assi riuniti insieme.
I percorsi possono venire anche figurati, non come lo schema specifico di certi elementi singoli, ma piuttosto come una rete, che, senza identificarne specialmente alcuno, spiega le relazioni tipiche tra tutti i percorsi del sistema. Questa condizione presuppone una trama che abbia qualche coerenza, sia essa di direzione, di interrelazione topologica, o di interspazi. Una scacchiera pura, combina le tre, ma invarianza direzionale o topologica possono di per se stesse risultare piuttosto efficaci. L’immagine si precisa se tutti i percorsi che corrono in un unico senso topologico, o secondo una stessa direttrice geografica, sono visibilmente differenziati dagli altri. A ciò si deve l’efficace distinzione tra le streets e le avenues di Manhattan. Colori, alberatura, o particolari possono servire egualmente bene. Nomenclatura, gradienti di ampiezza, di topografia, o di dettagli, differenziazione in seno alla trama possono tutti dare alla griglia un senso progressivo e persino un senso modulare.
Vi è un ultimo modo di organizzare un percorso o un sistema di percorsi, che acquisterà importanza crescente in un mondo di grandi distanze e velocità. Con analogia musicale, esso potrebbe essere dichiarato “melodico”. Gli eventi e le caratteristiche lungo un percorso – riferimenti, variazioni di spazio, sensazioni dinamiche – potrebbero essere organizzati come una linea melodica, percepita e figurata come una forma di cui si fa l’esperienza in un congruo intervallo di tempo. Poiché l’immagine sarebbe quella di una melodia completa, anziché di una serie di punti separati, quell’immagine potrebbe presumibilmente essere più estesa, e tuttavia meno esigente. La forma potrebbe essere la classica sequenza introduzione-sviluppo-culmine-conclusione, o potrebbe assumere aspetti più raffinati, come quelle che evitano la conclusione finale. L’arrivo a San Francisco attraverso la baia suggerisce questo tipo di organizzazione melodica. La tecnica offre un ricco campo di applicazione e sperimentazione del disegno.
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