Al momento della scelta dell'indirizzo di questo blog, dopo una serie di tentativi a vuoto alla ricerca di un nome semplice e pertinente, la sorpresa: "regola" era libero! L'architettura è oppressa da leggi e regolamenti, i termini più altisonanti della "creativa" cultura architettonica erano già occupati ma una parolina così semplice e antica e comprensibile da tutti, cioè "regola", era libera!
Questo blog parla appunto di "regole" contro la sregolatezza architettonica.


17 novembre 2008

UNO SPETTRO SI AGGIRA PER L'EUROPA...

Pietro Pagliardini

Tre coincidenze sono una prova di colpevolezza. Figuriamoci quattro.
In ordine cronologico:
Aragonbiz su Bizblog (il suo nome vero è ovviamente un altro, ma lui preferisce così): "Due approcci del moderno-post";
Vilma Torselli, su Artonweb, con il suo articolo: “Architettura d’autore”;
Giorgio Muratore su Archiwatch con il suo post: "Skyscraper city-no grazie";
PierLuigi Panza sul Corriere della Sera: "L’architettura processa Derrida".

Nessuno dei quattro autori può essere accusato di essere “antichista”, nè seguace del Principe Carlo nè di Lèon Krier. Solo Aragonbiz apprezza certi aspetti del Krier urbanista, ma solo quelli.
Tutti, a vario titolo e con diverse sensibilità e sfumature, apprezzano e nutrono speranze nell’architettura moderna. Vi è chi la pratica, vi è chi la insegna e la pratica, vi è chi l’analizza, la commenta e la spiega, associandola all’arte contemporanea con una funzione divulgativa via Internet, vi è chi periodicamente se ne interessa in relazione al costume, come è d'uso per un grande quotidiano nazionale.
In ognuno di questi scritti usciti tutti nell’arco di pochi giorni è palpabile la stanchezza e la noia, talora il disgusto, verso il dilagare di un sistema di fare architettura che appare tanto vuoto nelle forme quanto consistente nella forza economica e di pressione mediatica di cui è espressione.
Non penso nemmeno lontanamente di accomunare gli autori di quegli articoli in qualcosa d’altro che non siano solo la comune passione per l’architettura, che per alcuni è anche professione, e questa fortuita coincidenza nella denuncia dello "star system" dell'architettura.

Ho detto fortuita solo nel senso che dietro non c’è sicuramente nessun disegno organizzato, tanto i personaggi sono distanti tra loro, sia geograficamente, sia caratterialmente che come interessi professionali; ma non c'è nessuna casualità e non è possibile non leggervi un vento di cambiamento.

Estraggo qualche brano da ciascun testo:

Aragonbiz su Bizblog parla di un grattacielo di MVRDV:
Totale irrazionalità statica, abitativa, urbanistica, di dispersione energetica, unita però ad un concettualismo rigido, anche questo da "artista", non difficile da realizzare. Tentativo di combinare una standardizzazione ma in modo irregolare, per unità e non per insieme.
Santo cielo, non riesco più a scrivere, per quanto li odio, questi stronzi figli di Rem Koolhaas. Guardo le loro cose e mi sento male fisicamente”. “L'altro approccio
(quello di MVRDV) è la peste bubbonica, è molto vicino al "male assoluto". Va combattuto ad ogni costo”.Si può essere più espliciti di così? E sì che quando vuole biz sa fare distinguo, analizzare sottigliezze, capire le ragioni di ogni progetto. L’estrapolazione di questo brano dal contesto e dal’insieme degli altri post è come l’intercettazione di una telefonata: falsa completamente le situazioni e il personaggio. Ma non falsa affatto il pensiero specifico e quello che c’è scritto è esattamente quello che voleva dire.

Vilma Torselli su Artonweb:
Il fatto che oggi il mondo, per l’affermarsi di una aristocrazia anziché di una democrazia globale, sia politicamente ed economicamente organizzato (o globalizzato) in modo che relativamente pochi centri di potere, in relativamente poche città del mondo, possano determinarne il destino, ha parallelamente favorito il diffondersi di un’architettura dal significato totemico concretizzata in un linguaggio che per essere di valenza universale deve anche essere inevitabilmente generico”.
“La quale
(l’architettura d’autore) trae dalla rappresentazione per immagini (fotografiche o da sofisticati processi di rendering) il massimo vantaggio perché è, prima di tutto, un’architettura da guardare, un’architettura narcisistica ed autorappresentativa che riflette sé stessa, un’architettura spesso vuotamente estetizzante che dirige il suo potenziale comunicativo inter e sovra-culturale a “cittadini del mondo”, anche di quello più geograficamente lontano, nei quali produce emozioni che non hanno nulla a che vedere con quelle degli abitanti locali, non condividendone il contesto e la storia”.
Omissis
C’è una sostanziale differenza tra architettura ed immagine dell’architettura, un irrisolto conflitto, per parafrasare Jacques Herzog/Jeff Wall, tra immagini d’architettura e architettura d’immagini, tuttavia ciò che pare certo è che l’architettura rischia di diventare l’interfaccia tra vita reale e vita virtuale, anziché fungere da tramite tra mondo naturale e mondo antropico, ruolo che la storia le assegna da sempre.
Abitanti involontari di uno scintillante Truman Show, ci stiamo dimenticando che l’architettura ha memoria e vissuto, ma anche corpo, suono, colore, odore, durezza, trasparenza, fisicità: " ..... è solo quando ci troviamo fisicamente nel luogo che possiamo avere esperienza della verità del luogo……." , una verità sperimentata e toccata con mano, che l'immagine non saprà darci mai
”.

Il lnguaggio colto e raffinato non attenua, anzi amplifica la condanna senza appello.

Giorgio Muratore su Archiwatch:
Si assiste quindi, e non da oggi, al proliferare di grattacieli di tutte le taglie e di tutte le fogge, un po’ in tutto il mondo, dai distretti commerciali delle metropoli occidentali alle sempre più numerose città nuove che si affollano a decine dall’oriente estremo fino alle, un tempo, desolate e pastorali plaghe dell’asia centrale, dalle assolate, assetate e desertiche realtà del Golfo fino alle più remote e paradossali situazioni latino-americane, tutte località, a vario modo, assoggettate a questa nuova forma di colonialismo tipologico, ove il protagonismo di massa del grattacielo la fa ormai da padrone indiscusso. Migliaia di grattacieli, una volta confinati in rari esemplari nei distretti finanziari delle grandi metropoli statunitensi, dilagano ormai senza freno dai deserti alle praterie, dalle spiagge alle savane del mondo intero. Soprattutto nei luoghi dove è più debole la storicità e la memoria stessa dei siti al grattacielo sembra affidato il ruolo fondante di edificio-pioniere, quasi a segnalare una nuova presenza, a testimoniare con arroganza una presa di possesso, a testimoniare l’orgoglio volgare di un finalmente raggiunto dominio simbolico e materiale sui luoghi”.
E ancora:
Purtroppo però in questi ultimi anni sull’onda di un laissez-faire di stampo anarco-liberista, molte barriere, anche etico-psicologiche sono crollate e sono quindi sempre più numerosi i casi in cui il nostro patrimonio ambientale e paesaggistico viene aggredito in forme concitate, avventate e agressive in nome di una sedicente modernizzazione che trova, proprio nel grattacielo, la sua formula più immediata, sbrigativa e redditizia, perciò, vincente”.

Questo estratto non rende giustizia alla qualità del testo completo, che fa una rapida ma preziosa sintesi della storia del grattacielo. Anche in questo caso il verdetto è chiaro.

Pier Luigi Panza sul Corriere, con l’articolo dal titolo: L’architettura processa Derrida:
Per Derrida questa assiomatica, che coincide con l' intera storia del vitruvianesimo, ovvero quella che il critico inglese John Summerson ha definito Il linguaggio classico dell' architettura (1966) è da decostruire. A distanza di una ventina d' anni da queste proposte teoriche, l' uscita in italiano di questi testi è l' occasione per una prima verifica della stagione alla quale hanno fornito supporto teorico, prima che tutti gli studenti di architettura si mettano a laurearsi solo su edifici storti. Questa stagione è fatta di «oggetti» riusciti (Guggenheim di Bilbao di Gehry), parzialmente riusciti (Museo ebraico di Berlino di Libeskind), falliti (uffici al Mit di Gehry), in arrivo (grattacieli storti di Libeskind, Isozaki e Hadid a Milano), edifici riusciti e altri mostruosi nella provincia italiana. Decostruire il vitruvianesimo ha voluto dire superare la storia della trattatistica, dimenticare abdicare di fronte a metodi, tipologie, logiche urbanistiche per aprirsi a alla «chance», all' heideggeriano «far spazio». Una direzione scelta ancora da Aaron Betsky nell' ultima Biennale di architettura, nella quale si vuole «andare oltre l' edificio perché gli edifici ormai sono tombe», afferma Betsky, che vede in Derrida una carica di utile utopismo. Si tratta di una dimensione nella quale il relativismo nichilista si presenta come alternativa alla costruzione razionale. Il gioco, prende il posto della meccanica razionale e la dimensione nietzschiana della Gaia scienza e del dionisiaco il posto dell' illuministico «rigorismo» architettonico”.

Che altro aggiungere se non una sola, piacevole sorpresa: sul blog BOVISIANI, curato da studenti del Politecnico di Milano è apparso, e non è il primo del genere, un post di Giancarlo Consonni dal titolo: Il principe è nudo. Rem Koolhaas a Bovisa :
Per quelli che hanno le redini del potere, le fantasmagoriche restituzioni virtuali sono l’incenso con cui si avvolgono: il sostituto di ogni discorso, di ogni giustificazione. Non solo la comunicazione, ma il mezzo a cui essa si affida è tutto (di nuovo McLuhan): dietro non c’è niente. Non un pensiero, un’argomentazione. Non un logos che possa essere oggetto di discussione nella polis. Così l’attacco si svolge su due piani: la città reale e la città ideale (nel senso non dell’utopia ma della civitas definita dalla convivenza civile e dalla condivisione delle ragioni su cui si fonda). Un punto su cui le restituzioni virtuali lavorano è l’immaginario. Che viene destrutturato e sganciato dalle ragioni civili. È anche così che si distrugge la città. Esemplare è il lavoro svolto da una pubblicistica storicamente e formalmente attribuita a un’area di centro-sinistra e che in passato ha svolto un ruolo importante sul piano della difesa/costruzione di un cultura civile. Si pensi al lavoro di Antonio Cederna. Sì: sto parlando dell’«Espresso» e anche di «Repubblica», dove accanto all’ottimo lavoro svolto da un Francesco Erbani, troviamo il dilagare di maître à penser che hanno dirette responsabilità nella distruzione della città. O dove alcune star internazionali dell’architettura hanno un lasciapassare assicurato, avvalorato da giornalisti che si sono eletti a loro alfieri/maggiordomi. Per non dire delle pagine locali di «Repubblica», dove, come anche sul «Corriere della Sera», alcuni servizi su complessi edilizi in programma si presentano in tutto e per tutto come pagine pubblicitarie a pagamento: una prosecuzione della pubblicità immobiliare”.Omissis
Al centro dell’articolo è il progetto di Rem Koolhaas per l’area dei gasometri nel quartiere milanese della Bovisa. Il termine progetto è in questo caso un eufemismo. Si tratta più propriamente del divertissement di un individuo che evidentemente non ha giocato abbastanza da piccolo. Butta sull’area, a manciate, dei pezzi presi da una scatola di giochi d’infanzia e dopo averne cavato un assemblaggio che gli pare abbastanza stravagante da sorprendere gli allocchi, mette la sua firma sotto questo affastellamento, lo chiama masterplan e lo manda, con relativa parcella, al committente diretto”.

Se anche gli studenti, o almeno una parte di essi, sono così insensibili al fascino ammaliante delle Archistar e comprendono così lucidamente il trucco che c’è dietro questo sistema, esistono motivi di speranza.

Avere fatto questa "associazione d'idee" non vuol dire aver tentato di arruolare nessuno degli autori di cui sopra nelle truppe antichiste, tradizionaliste, classiciste, vernacolari, conservatrici e reazionarie e quant’altro. Non sarebbe stato proprio possibile.
Però si può legittimamente pensare che un pezzo di strada insieme, almeno per la pars destruens, la possiamo fare. Dopo, chissà!

48 commenti:

Angelo D'Amore ha detto...

ti conosco tramite tocqueville.

oggi in questo periodo di decadenza, quale tipo di arte sara' lasciata ai posteri?

angelo

Pietro Pagliardini ha detto...

Angelo, anche se non tutto va per il meglio io non parlerei di decadenza. Vorrei sapere se esiste un attimo nella storia in cui qualcuno non abbia pensato essere un periodo di decadenza!
La percezione della decadenza mi sembra fatto molto personale e legato alla sensibilità di ognuno che può vedere decadenza nel costume ma progresso nella scienza o viceversa, ad esempio.
Poi spero che a ciascuna decadenza segua una "rinascenza". Diversa è la valutazione che si ha con l'ottica della storia per il passato, ma non era questa la tua domanda.
Quanto all'arte....non hai trovato il soggetto giusto e detta così mi sembra anche una domanda un po troppo estesa.
Dovessi rispondere all'improvviso, come in un quiz, direi l'immagine e tutto quanto è a questa legata:la pubblicità, il cinema, i mass media ma se è l'arte il tuo interesse penso dovresti visitare questo sito: www.artonweb.it.
Vi troverai senz'altro risposte più convincenti e serie.
Saluti
Pietro

Anonimo ha detto...

Naturalmente lusingato di citazione in tanta buona compagnia, ti ringrazio.
Gli è che certe cattiverie architettoniche non bisogna sopportarle in silenzio :-)

Anonimo ha detto...

In realtà, Angelo, non saremo noi a lasciare, ma i posteri a prendersi quello che meglio esprimerà la loro visione del mondo in quel momento. L’arte che sceglieranno dal passato dipenderà da molte circostanze, dalla situazione politica, da quella religiosa, dai critici, dai mercanti, dai filosofi che leggeranno la nostra eredità secondo i loro codici. Pensa all’oscurantismo che ha avvolto per secoli l’arte del medioevo, un secolo tutt’altro che buio eppure a lungo dimenticato, pensa a quanto c’è voluto per scoprire Caravaggio, allo stalinismo che ha cancellato per decenni il costruttivismo, a tanta arte italiana del periodo fascista dimenticata, alla recente rivalutazione di Sironi …… Eppure era tutto lì, bastava sceglierlo!
Il futuro prenderà ciò che gli servirà in quel momento storico, fingendo che il resto non esista, noi adesso possiamo analizzare, valutare, fare divertenti esercizi mentali, senza avere alcuna certezza sull'affidabilità delle previsioni.
La modernità leggerà nel passato quello che vuole leggere e di conseguenza sceglierà i linguaggi e gli autori più adatti ad esprimerlo secondo la propria chiave di lettura (talvolta, come accaduto appunto per il medioevo, cambiando radicalmente nel corso del tempo le proprie valutazioni), secondo un processo di storicizzazione che non dà nessuna garanzia di correttezza (la storia è una grande bugiarda, qualcuno ha detto che la sola storia vera è quella che noi inventiamo.)

Nam June Paik, famoso videoartista, si fa in un’intervista la tua stessa domanda: “Cosa resterà dell’arte contemporanea dei nostri tempi nel futuro? Certamente non Cucchi, certamente non Clemente. Resterà qualche film, qualche spot televisivo e alcuni videoclip musicali …..”. Si evince che non ha grande stima della transavanguardia e che il suo giudizio risente della sperimentazione con fluxus, ogni artista darebbe una risposta diversa, personalmente mi auguro che in futuro le opere di artisti come ad esempio Damien Hirsth finiscano nel chiuso dello scantinato di qualche galleria e che di movimenti del tipo della bad painting si perdano le tracce, ma so bene che non sto facendo una previsione, solo esprimendo una valutazione ed una speranza personale.

Ed infine, rendiamoci conto che “Non esiste in realtà una cosa chiamata arte. Esistono solo gli artisti: uomini che un tempo con terra colorata tracciavano alla meglio le forme del bisonte sulla parete di una caverna e oggi comprano i colori e disegnano gli affissi pubblicitari, e nel corso dei secoli fecero parecchie altre cose.” (La storia dell'arte raccontata da E. H. Gombrich, 1950)
Cosa o chi resterà? Non lo sapremo mai!
Un saluto
Vilma

Pietro Pagliardini ha detto...

Credo che la domanda di Angelo sia stata soddisfatta senza neanche farlo scomodare. Anch'io sono soddisfatto perché mi è stato ben chiarita la provvisorietà del giudizio storico d anche perché, pur nella parzialità della mia risposta, ho avuto la conferma di non essere un estimatore della transavanguardia.
Saluti
Piero

Anonimo ha detto...

Anche per me non ha senso parlare di decadenza. Il Medioevo era un periodo oscuro e incerto, ma ha prodotto delle meraviglie architettoniche ineguagliabili come le cattedrali gotiche. Tra un secolo probabilmente qualcun altro parlerà di decadenza dell'arte e dell'architettura di quel periodo, esaltando magari le meraviglie architettoniche di oggi, con una certa nostalgia dirà che non si faranno più ponti così belli come quelli di Calatrava e che geni come Renzo Piano o Libeskind non ne esistono più, anche se probabilmente l'archiettura tra un secolo ci regalerà altri splendidi capolavori. La decadenza è un concetto nostalgico, non realista.

Pietro Pagliardini ha detto...

Può darsi che GT abbia ragione ma spero che su Libeskind si sbagli.
Ma poi......spero!
Che spero...!?
Tra un secolo sia io che Libeskind che GT saremo altro e.... spero di essere meglio di ora, di non dovermi proprio preoccupare dei Libeskind e di avere altro d molto meglio di cui occuparmi.
Saluti
Pietro

Anonimo ha detto...

nel complesso sono d'accordo con molte delle cose dette. Intelligenza e buon senso non mancano certamente.
Mi permetto però di fare una piccola chiosa a Vilma, là dove cita gli artisti preistorici che dipinsero "alla bell'e meglio" i bisonti.
Avendo visto recentemente Lascaux (riprodotta mirabilmente) e altre grotte della zona (Peche Merle è fantastica), dico che si tratta di opere "perfette e compiute", senza nessuna approssimazione e pressapochismo. Chiamando la sala grande di Lascaux "la cappella sistina delle preistoria" non si fa nessuna forzatura; anzi, forse si fa un complimento a Michelangelo...

Anonimo ha detto...

hai ragione, Enrico, ma la frase che citi non è mia, è tratta dalla storia dell'arte scritta da Ernst H. Gombrich, in assoluto il miglior divulgatore, critico e studioso dell'arte tra quelli di tutto il '900. La sua frase denuncia il suo modo di affrontare la materia, senza sussiego, con semplicità, con grandissima cultura e con garbata ironia. Pochi lo sanno fare e nessuno lo ha fatto come lui.

Vilma

Salvatore D'Agostino ha detto...

Pietro,
ammiro sempre di più gli 'eleganti' interventi di Vilma Torselli, non capisco quelli di BIZ un pò troppo da blog, condivido lo spirito pungolatore di Giorgio Muratore e non credo che il giornalista/architetto Pierluigi Panza sia un critico autorevole spesso i suoi articoli sono da salotto e non di approfondimento.
Vorrei, se è possibile, chiarito alcune tue affermazioni:
...prova di colpevolezza...
...uno spettro si aggira per l'Europa...
...Fai che riesca a prendere il potere di decidere davvero e poi lo vedi che direzione prende la tua evoluzione... (su archiwatch)
Saluti,
SD

Pietro Pagliardini ha detto...

Salvatore,
gli interventi di Vilma sono sempre stati "eleganti"; quelli di Biz saranno da blog ma visto che siamo in un blog e non in un'accademia mi sembrano piuttosto centrati; Muratore è effettivamente un animatore, dà il la, talvolta da troppo spago ma il meglio lo da quando scrive; Panza fa il suo mestiere di giornalista.
Comincio dal titolo: è, nelle mie intenzioni, un titolo ironico legato ai commenti su Archiwatch (post-fascista, vetero-comunista, ecc) che fa il paio con l'architettura staliniana proposta, altrettanto ironicamente, da Muratore e che comunque mi sembrava, ma posso aver sbagliato, che si accordasse con il diverso clima che credo di avere colto rispetto a quel filone che sono gli archistar. Non pretendo che sia indovinatissimo ma non mi sembra troppo fuori luogo.
Certo che se l'ironia richiede spiegazioni vuol dire che non ha funzionato come tale.
La prova di colpevolezza si riferisce sempre agli archistar, visto che ho trovato quattro commenti contro.
Quella su Archiwatch significa che se potesse decidere la gente, e su questo ho una mia vecchia, ferma quanto non troppo condivisa fissa, i progetti scemi tipo archistar sparirebbero e con essi molti stupidi intellettualismi degli architetti.
Saluti
Pietro

Salvatore D'Agostino ha detto...

Pietro,
«[…] i progetti scemi tipo archistar sparirebbero e con essi molti stupidi intellettualismi degli architetti».
Senza questi stupidi intellettualismi non potremmo ammirare:
il Partenone di Ictino;
il Pantheon di Lucio Cocceio Aucto;
la Cattedrale di Chartres dei muratori specializzati i compagnons;
la cupola di Santa Maria Novella di Brunelleschi;
la chiesa del Santissimo Nome di Gesù del Vignola;
la mole Antonelliana di Alessandro Antonelli;
la chiesa di Ronchamp di Le Corbusier,
il parco biblioteca a Medellin di Giancarlo Mazzanti;
la nostra cultura architettonica sarebbe un po’ più povera.
Questa cultura ‘contro’ gli archistar dequalifica l’intelligenza di ogni architetto e tacitamente condivide lo scempio ad opera degli ARCHIPOPolari.
Il tuo punto di vista mi sembra disfattista e generico.
Purtroppo amo le intelligenze anche un po’ sofisticate ma non disprezzo chi ragiona in modo elementare.
Saluti,
SD

Pietro Pagliardini ha detto...

Salvatore,
sono assolutamente incredulo che tu ti pregi di non disprezzare la mia elementare intelligenza. Fino ad oggi non avrei sperato di ricevere un simile onore. Ma ora ce l'ho fatta e sono contento come un bambino a scuola che passa dall'insufficienza al 6.
La cosa mi conforta e mi servirà da stimolo per il futuro.
Assicuro che mi applicherò, studierò, cercherò di affinare.
Quanto a te, e solo nel tuo interesse, dovresti probabilmente evitare di inquinare la tua raffinata intelligenza e prenderti una vacanza da questo blog da 5° Elementare. Direi che potresti rivolgere a quelli che raggiungono il livello almeno della 4° Geometri.
Saluti
Pietro

Salvatore D'Agostino ha detto...

Pietro,
che sei permaloso, era ovvio che non fosse riferito alla tua persona.
Ribaltavo il tuo punto di vista radicale “stupidi archistar” in “stupidi ARCHIPOPolari”.
Quindi, essendo io un uomo dai ragionamenti elementari, non disprezzo l’intelligenza altrui bassa o alta che sia.
Accetto la tua punizione anche se è ingiusta e la prima volta che sono buttato fuori da un blog, avevo perso l’abitudine di passeggiare nel corridoio proprio dalla IV geometri.
Aspetto un tuo cenno per sapere quando posso rientrare.
Saluti,
SD

Anonimo ha detto...

uhm... anch'io ho il dubbio di esser stato sbattuto fuori da 'sto blog. dubbio perchè potrebbe anche essere dovuto al fatto che io abbia sbagliato qualcosa e il commento non fosse stato salvato.
ma, toh! guarda caso... il commento non salvato era riferito a quello che io considero un dei primi archistar della nostra penisola, quell'andrea palladio che si autopubblicava i progetti e calava teche bianche alla maniera di meier in una piccola città di provincia tutta premoderna (leggi: medievale) e tutta coloratissima che insomma, 'na roba bianca coi colonnoni, che c'azzeccava?! :-)


saluti

ps: speriamo che stavolta io non faccia casino.

Pietro Pagliardini ha detto...

LdS, come già ebbi a dire a Salvatore stesso, io non censuro nessuno e se per caso qualche commento non viene pubblicato è solo per errori miei o di chi li scrive (entrambe più facili di quanto si creda).
Prova ne sia il fatto che ho pubblicato, e continuerò a farlo, anche commenti molto critici come quello di Salvatore d'Agostino.
Va da sé che non pubblico ingiurie a terze persone o tutto ciò che potrebbe essere oggetto di querela, anche se ne condividessi il contenuto.
A Salvatore dico che io non sono "permaloso" (che anzi mi diverte moltissimo la polemica feroce), piuttosto "puntiglioso" e non mi lascio sfuggire l'assist di replicare a giudizi un pò sopra le righe, anche se andati oltre le reali intenzioni.
D'altronde un difetto della toscanità, a cui non mi sottraggo, è proprio quella di non lasciarne passare una ma, appena detta, è già dimenticata.
Saluti
Pietro

Anonimo ha detto...

LdS, in effetti hai già postato un commento su Palladio archistar, ma in un altro articolo, questo
http://regola.blogspot.com/2008/10/risposta-ad-un-commento.html

Vilma

Pietro Pagliardini ha detto...

Diabolica Vilma, si ricorda anche i commenti altrui!!!!! E io non ricordo neanche quello che ho scritto!
E' proprio vero che la memoria è metà dell'intelligenza, infatti io sono del tutto smemorato, quindi....
Grazie del soccorso
Piero

Anonimo ha detto...

wilma, ricordo bene i miei commenti... solo che ve ne sono due e manca, appunto, il terzo, che probabilmente non ho salvato in maniera corretta, dato che non offendevo nessuno.

ah, per esser precisi, ricordo un tuo commento sul quarto ponte del canal grande (calatrava) o sul gerhy a venezia... e ricordo che ti chiedevi qualcosa su cacciari e l'incendio della fenice. posso risponderti? cacciari quella volta disse testualmente: "com'era e dov'era". il che dimostra come possano convivere posizioni apparentemente antitetiche, una filologica e l'altra "moderna" (non mi piace sto termine, tutto è contemporaneo e moderno) senza smuovere tanta metafisica e carte d'atene varie.

saluti

Pietro Pagliardini ha detto...

LdS, tutto può convivere, ovviamente. Ma in questo caso il giudizio sarà sempre lo stesso, cioè: mi piace, non mi piace.
Cacciari poi, le cui capacità sono fuori discussione e pari solo alla sua stravaganza, è quello che boccia senza appello la festa di Halloween, perchè, secondo lui, importata e perchè vuole rivalutare la "tradizione" del carnevale veneziano, fino al punto di dichiarare che avrebbe negato il permesso di festeggiarlo in Piazza San Marco, se qualcuno glielo avesse mai chiesto.
Può anche darsi che abbia ragione ma....una festa dura un giorno, un ponte qualcosa di più.
Ma tutto può convivere e noi possiamo vivere ugualmente.
Saluti
Pietro

Anonimo ha detto...

pietro, commetti anche tu, il solito errore di quasi tutti gli architetti: che la propria disciplina sia migliore e durevole delle altre. il solstizio d'inverno (e di conseguenza il natale) lo si festeggia ben prima che le piramidi siano apparse su 'sta terra...
l'architettura c'influenza molto di più di quanto sembra ma è molto meno importante di quanto ci appaia (a noi architetti)

ciao

Pietro Pagliardini ha detto...

LdS, se è vero che commetto questo errore, ed è possibilissimo, la ritengo una cosa piuttosto grave per me che non sono molto appassionato del fatto che gli architetti vedano tutto sub specie architectonica.
Ti ringrazio per avermelo fatto notare. Ci rifletterò.
Saluti
Pietro

Anonimo ha detto...

La contrapposizione tra Archistar e Archipop mi sembra abbastanza sterile, visto che i danni maggiori sono commessi proprio dagli Archipop che cercano di scimmiottare le Archistar. Queste ultime danno l'impronta architettonica di un periodo ma poi ogni architetto dovrebbe avere un sua visione, ispirata certo ma non uguale, a quella dei grandi architetti. E' questa continua ricerca della forma e delle prestazioni che fanno dell'architettura una delle forme di espressione più fertili e interessanti. Invece di temere il nuovo e le sperimentazioni bisognerebbe a mio avviso arginare lo sterile scopiazzamento degli stili passati (vedi il Falso Storico) che vanno bene per un parco di divertimenti ma sono alienati e alienanti in un contesto contemporaneo, anche perchè non soddisfano più i requisiti che devono giustamente avere gli edifici di oggi (efficenza energetica, accessibilità e via dicendo). E comunque condivido che l'importanza data agli architetti è forse eccessiva.

Pietro Pagliardini ha detto...

Master, le opinioni sono una cosa, altra cosa sono i fatti e i fatti dicono che l'efficienza energetica sta dalla parte degli edifici costruiti con materiali tradizionali e aventi forma compatta, come gli edifici tradizionali. La massa è l'elemento determinante per il risparmio energetico e per il benessere ambientale.
L'accessibilità poi non vedo il problema, naturalmente in un edificio nuovo. Altri problemi proprio non saprei quali possano essere.
Sul rapporto archipop-archistar mi sembra proprio tu abbia ragione.
Per il resto siamo nel campo delle opinioni ed io non posso certo convincerti con un commento, se non ci sono riuscito con molti post.
Saluti
Pietro

Salvatore D'Agostino ha detto...

---> Master,
(Pietro rubo un commento solo per replicare)
Sono d'accordo con te è sterile la contrapposizione Archistar/Archipop.
Ho inventato il termine ARCHIPOP per creare un'immagine altrettanto forte e vuota di significato come quella di archistar.
Condivido il tuo pensiero e credo che sia importante in questo periodo creare una cultura diffusa di architetti bravi senza enfatizzare e mitizzare il ruolo dell'architetto perfetto/aureo.
Saluti,
SD

Pietro Pagliardini ha detto...

Bene Salvatore, è un pò come in politica: ci si allea su una base comune poi, visto che noi non dobbiamo governare, ci possiamo anche separare sulle diverse soluzioni.
Ma poi, in fondo, siamo in un blog, si fa tanto per ragionare, mica siamo soldati con l'elemetto!
Saluti
Pietro

Anonimo ha detto...

L'efficenza energetica, scusa se ti contraddico Pietro, è data da molti fattori e non solo dai materiali che tu chiami tradizionali. Il grattacielo di Foster a Londra è un esempio di edificio ad alta efficienza energetica perchè usa tecnologie molto evolute per il risparmio energetico che gli consentono di usare la metà dell'energia che gli servirebbe, inoltre i pannelli solari, le celle fotovoltaiche e i sistemi di incameramento delle correnti d'aria al fine di produrre energia elettrica (possibili solo per i grattacieli costruiti con determinate caratteristiche) fanno della maggior parte deglie difici contemporanei dei gioielli della tecnologia, capaci non solo di risparmiare energia ma addirittura di produrne. Daltro canto gli edifici "tradizionali" (e penso alle vecchie scuole ottocentesche con soffitti alti anche 5 metri o a palazzi antichi trasformati in uffici pubblici con enormi problemi di accessibilità e di sicurezza, corridoi stretti e carenza di vie di fuga) sono sempre più spesso abbandonati per carenza di sicurezza e alti costi di riscaldamento/raffreddamento. Non dimenticare che un vecchio muro di mattoni pieni di 30 cm non avrà mai la tenuta di un moderno bioclima o dei mattoni forati con isolante interno e l'isolamento è una invenzione moderna.
Il problema non è l'archietttura ma le tacnologie applicate.
Non voglio entrare nella disputa tra Pietro e Salvatore ma oggi credo che sia meglio concentrare gli sforzi su una ricerca di nuove tecnologie che migliorino la qualità della vita della gente piuttosto che buttarla su un piano puramente estetico.

Pietro Pagliardini ha detto...

Master, stiamo cambiando argomento ma va bene lo stesso. Sui grattacieli insisto: primo leggi questi due post che ho scritto tempo fa e che sono piuttosto ben documentati (almeno uno) perché basato su uno studio serio fatto da una società per conto di un'associazione di assicurazioni. Si parla di soldi, di rischi da assicurare, e quando si parla di soldi le assicurazioni non scherzano affatto.
Il grattacielo è per sua natura onnivoro e quando si parla di grattacieli che addirittura producono energia mi viene da sorridere: con i pannelli solari tutti gli edifici producono energia e a parità di produzione si alimenterebbero molti, ma molti, ma molti più abitanti in case normali che non sui grattacieli!
Ti rendi conto cosa consuma un edificio alto, diciamo, 150 metri (un modesto grattacielo) solo per movimentare i fluidi non solo in salita, che è oviamente un'esagerazione, ma in discesa: già, perchè quando tiri lo sciacquone da 100 metri di altezza, la "roba" non può andare giù in caduta libera, altrimenti arriva al centro della terra. E allora vi sono stazioni intermedie di pompaggio.
Non scherziamo con i grattacieli sostenibili, non facciamoci prendere in giro. E poi anche noi architetti un minimo di cultura scientifica ce l'abbiamo per capire come stanno pressappoco le cose.
Davvero ti invito a leggere questo post, questo solo:
http://regola.blogspot.com/2008/07/un-dato-interessante-sui-grattacieli.html
e non devi credere a me, c'è il link al documento originale.
Saluti
Pietro

Anonimo ha detto...

Non volevo cambiare argomento e il grattacielo di Foster era solo un esempio di come si possa oggi creare architettura sostenibile ed energeticamente efficiente. Ho letto l'articolo che mi hai linkato e sono perfettamente daccordo che un grattacielo sia un edificio "costoso" ma era un esempio, visto che di grattacieli se ne costruiscono tanti, di come fare a costruirlo in maniera che consumasse la metà di un normale grattacielo (fonte wikipedia e tanti altri manuali di architettura). Lungi da me la volontà di cambiare discorso, la mia preoccupazione era quella di vedere che diversi architetti abbandonano la ricerca di materiali e tecnologie per creare edifici "tradizionali" che poco hanno a che fare con il concetto di sviluppo sostenibile ... pareti e tetti ventilati, sistemi fotovoltaici, tubi solari, e tutte le altre tecnologie moderne sono poco adattabili a quelle forme "tradizionali" di edifici, ma se intendi come tradizionale un edificio costruito con materiali moderni ma dall'aspetto "antico" allora è solo un'aspetto estetico e non entro nel merito dei gusti personali. La mia era solo una speranza che gli architetti di oggi sperimentino sempre nuove tecniche e forme per raggiungere una sempre maggior qualità architettonica, senza fare sterili copie di edifici esistenti, senza attaccarsi ostinatamente (forse per una certa pigrizia mentale) al falso storico. Oggi noi giustamente discutiamo su questi problemi ma guardando la storia si comprende che alla fine saranno i cittadini, la gente comune non gli architetti, a dare ad un'opera l'importanza si merita, ad elevare o meno un edificio a simbolo cittadino, noi possiamo solo sforzarci di fare del nostro meglio, di evolvere e sviluppare continuamente l'architettura per dare sempre prodotti migliori.

Pietro Pagliardini ha detto...

Tu dici: "guardando la storia si comprende che alla fine saranno i cittadini, la gente comune non gli architetti, a dare ad un'opera l'importanza si merita, ad elevare o meno un edificio a simbolo cittadino".
Sono incondizionatamente d'accordo.
Saluti
Pietro

Anonimo ha detto...

Faccio notare che nella maggior parte delle riviste di viaggi e dei cataloghi delle agenzie turistiche quando si parla di Londra svetta sempre il cetriolone di Foster (parlo del grattacielo non fraintendetemi) che ormai è diventato un simbolo di quella capitale (ho fatto la fila per almeno un'ora per salirci qualche anno fa ma ne valeva la pena!). I cittadini inglesi l'hanno eletto simbolo della loro città, un po' come hanno fatto i berlinesi con la cupola del Reichstag, sempre del baronetto Foster.

Guido T.

Salvatore D'Agostino ha detto...

-- Pietro,
non credo nell’architettura ideologica come la politica e soprattutto non credo negli schieramenti a mio avviso chi confonde l’architettura con la politica commette un grave errore. Basta leggere la vita di Angiolo Mazzoni da futurista a retorico del fascismo.
- Master,
uno dei lavori più interessanti sui grattacieli ‘sostenibili’ è il 7 World Trade Center a New York del gruppo SOM. I SOM sono importanti perché in qualche modo ereditano la lezione di Luigi Moretti sull’architettura parametrica, dal loro studio sono usciti dei software importanti nel campo della progettazione. Un connubio tra matematica/architettura in una parola ‘parametrico’.
A mio avviso questo grattacielo, che è il primo realizzato nel vuoto del Ground Zero, manca di una certa sensibilità architettonica ma è indubbia la qualità tecnico/progettuale. Non oserei pensare che questo lavoro sia opera di ‘stupidi archistar’.
La sensibilità architettonica che manca nell’opera dei SOM è presente nelle architetture di Glenn Murcutt o Satoshi Okada, in questo caso la ricerca sui materiali ‘sostenibili’ si sposa bene con alcune speculazioni architettoniche.
Master va da se che questa è architettura, senza bisogno di etichettarla con bio- eco- ecc.
Infine l’uomo cresce nel dissenso come: il cavernicolo che stufo della sua alcova umida e inospitale costruisce la capanna o il sacerdote stanco di rimaneggiare il suo tempio di legno lo costruisce in pietra. Grazie a chi osa la storia dell’architettura si può permettere di essere sempre più interessante.
- Guido T.
Non dire a Pietro che L’Ara Pacis è uno dei musei più visitati di Roma e che la chiesa di Tor Tre Teste è amata dai borgatari.

Saluti,
Salvatore D’Agostino

Pietro Pagliardini ha detto...

Salvatore, comincio dalla fine.
Non dire a nessuno che Meier a Roma è visitato per l'Ara Pacis Augustea.
Se ai borgatari piaccia Meier non so, per certo quella non è una chiesa, o meglio, non è una chiesa cattolica. Non mi dire: ma l'hanno voluta le gerarchie ecclesiastiche perché lo so anch'io che il virus modernista ha attecchito anche lì.
Quanto ai grattacieli, non è solo un problema di archistar, ma di tipologia edilizia in sé stessa che, ripeto per l'ennesima volta, per quanto siano eco-bio-sostenibili, a parità di cubatura sono edifici inutilmente divoratori di energia sia nella fase della produzione, che della gestione, che della manutenzione. E' semplicemente sbagliato da un punto di vista scientifico considerare i valori assoluti dell'energia: dire che quel grattacielo produce il, che so, 40% dell'energia che consuma non ha alcun significato. Si dica qual'è il bilancio energetico a mc, a mq o meglio ad abitante e lo si confronti con edifici normalmente alti, se vuoi progettati con gli stessi criteri e allora scoprirai la verità.
Non lo dico per voi, ma io sono stufo di farmi prendere in giro dagli architetti che spacciano l'eco-sostenibilità dei grattacieli, che oggi è diventata il passepartout per tutte le operazioni immobiliari.
Possibile non capiate dove sta il raggiro?
Tralascio ogni altra considerazione sui grattacieli perché di post così ne ho già fatti tre.
Saluti
Pietro

Anonimo ha detto...

pietro, la chiesa di meier è stra-cattolica, anzi... pure preconciliare. mica basta spostare l'altare lontano del muro di fondo per renderla conciliare.
ma poi, chissenfrega, tanto tra poco si ritorna al preconciliare :-)

tradotto: mica dipende dal forme la cattolicità o meno.

ps: ma qui veramente i commenti si perdono come perdo io le matite :-)

Pietro Pagliardini ha detto...

LdS, sulle chiese pre o post conciliari è meglio che spieghi chi sa e ti consiglio questo articolo dell'amico Ciro Lomonte
http://www.ildomenicale.it/articolo.asp?id_articolo=545
Oltre a questo ce ne sono altri ma come introduzione credo sia abbastanza.
Posso solo dire che è proprio nelle chiese che si misura la distanza che passa tra il vuoto dell'architettura contemporanea che crea forma astratte senza riferimento a niente altro che al proprio autore o a mode fatue e passeggere e un'architettura che rispetta lo scopo primario per cui è nata e si è sviluppata, oltre che quello di riparare, cioè creare forme in cui l'uomo si possa riconoscere, vivere, pregare, amare, lavorare. Non oggetti di design o scultorei a scala gigantesca.
Saluti
Pietro

Pietro Pagliardini ha detto...

Scusa LdS ma ho riletto meglio il tuo commento e tu dici che non dipende dalle forme la cattolicità o meno. Questo significa che tu escludi non solo l'aspetto tipologico, che non è forma ma sostanza, ma anche l'aspetto simbolico dell'architettura per cui ogni edificio sarebbe indifferente rispetto all'uso? Potresti guardare la Basilica di San Pietro e immaginare che sia un supermercato? E San Marco potrebbe essere una bella discoteca?
Non credo tu volessi dire questo altrimenti non capirei nemmeno perchè darsi tanto da fare a discutere di architettura: se la forma, la tipologia, la spazialità è del tutto indifferente alla funzione simbolica perchè fare tanti discorsi, ad esempio, su Koolhaas come vate di una società complessa e disgregata: anche questa è (sarebbe) una funzione simbolica e specchio del mondo che ci circonda.

Anonimo ha detto...

La fede religiosa (cattolica o meno) non si manifesta nella tipologia dei luoghi di culto ma da convinzioni interiori molto più forti e determinanti di un edificio. La cattedrali gotiche erano edifici nuovi, sia come forma che come architettura (ce ne sono dalle piante più disparate addirittura a doppia croce come quelle inglesi) che hanno dato un valore alla cattolicità ma che non erano edifici "tradizionali" quando furono costruiti. Penso che LdS abbia voluto intendere questo nel suo commento. Anche l'architettura sacra deve sempre confrontarsi con nuove forme che diano ai fedeli un senso di spiritualità e nel caso della chiesa di Tor Tre Teste il bianco dei materiali e la luce che entra dalle pareti finestrate danno un grande senso di purezza. Mi ricordo che un grande senso di spiritualità lo provai nel visitare la chiesa sull'autostrada di Michelucci a Firenze, un vero capolavoro dell'architettura sacra.
Comunque queste, non mi stancherò mai di ripeterlo, sono questioni di gusto personale.
Per quanto riguarda la polemica sui grattacieli che inavvertitamente ho scatenato vorrei dire che sono pienamente daccordo con Pietro che siano edifici dal forte impatto economico, oltre che simbolico, ma proprio perchè sono finanziati da grosse compagnie in essi viene applicato normalmente il meglio della tecnologia contemporanea (anche per mostrare con vanto cosa si è capaci di fare, un po' come fece Eiffel con la sua famosa torre) e si possono sperimentare soluzioni innovative che poi possono essere applicate a edifici più "normali" e divenire di uso comune. Anche io sono per una città più "a misura d'uomo" ma non posso ignorare che molto del progresso raggiunto lo si è fatto con questi edifici "sperimentali".

A Salvatore devo dire grazie per le info su SOM, studio che già conoscevo per altri progetti, e che sembra molto interessante, almeno guardando il sito.

Pietro Pagliardini ha detto...

Master, la fede non deriva certo dalla chiesa ma un chiesa deve rappresentare la fede e la religione cattolica non è assemblea. Il gotico era certamente innovativo e diverso dal romanico sia nella concezione spaziale che nel passaggio dalle masse murarie portanti ad una struttura di tipo puntiforme, ma era "tradizionale" perché rispettava la simmetria, la triade vitruviana, la decorazione, che anzi esaltava, la tipologia della chiesa.
La chiesa dell'autostrada l'ho visitata di corsa, come all'autogrill una sola volta e l'impressione che ne ebbi dentro fu di notevole suggestione. Ma, appunto, è lungo l'autostrada, è di passaggio, è una tenda in muratura.
Saluti
Pietro

Anonimo ha detto...

Ti ringrazio Pietro, mi ha fatto piacere leggere l’articolo che hai linkato, è stata una buona ripassata di cose che avevo per certi versi dimenticato e di altre che non conoscevo bene.
Il mio commento precedente è stato molto sintetico e ho commesso due errori: 1) pensare che una serie di questioni su architettura-liturgia siano di pubblico dominio, ma così non è 2) riuscire ad andar oltre le mere forme (o linguaggi sarebbe meglio dire) e concentrarsi sulla sostanza (come dici tu). Bene, dal punto di vista della sostanza la chiesa di Meier è tradizionalissima, usa linguaggi “contemporanei” ma per il resto fa più o meno quello che han fatto i progettisti di chiese degli ultimi 40 anni: spostare l’altare verso l’assemblea e usare una tipologia più o meno assembleare. Non va nemmeno lui al cuore del problema sostenuto del Concilio Vaticano II: la sacralità dell’assemblea che si raduna non dell’edifico di per sé. La chiesa cattolica, come la protestante, come la sinagoga ebrea, come al moschea non sono edifici “sacri”. Sacro è il tempio greco e il luogo cinto dal temenos. È un passaggio fondamentale questo per il cristianesimo rispetto al paganesimo. Il concilio vaticano II aveva proprio questo intento: portare la sacralià sull’assemblea e sull’altare come simbolo di sacrificio, simbolo di partecipazione alla mensa di Cristo. L’altare in fondo all’abside, assieme al prete voltato di spalle rischiava di esser molto “pagano”. Da ciò deriva la mia battuta che la chiesa di Meier è stracattolica. Lomonte (l’autore dell’articolo) queste cose non le condivide, o meglio: non le reputa così importanti. Dà invece molta importanza a tutti gli aspetti scenografici, coerografici ed emozional-spirituali che portano lontano dalla razionalità e portanto verso l’Estasi. Ora, questa visione, per certi versi, la posso anche condividere. Non condivido però il fatto che, come al solito, la colpa di non aver perseguito questa strada di chi è stata? Cazzarola, che domande idiote che mi faccio, ma degli architetti moderni no? sì, insomma, sempre lì andiamo a parare: una cosa non mi piace, ovvio che non è colpa dei miei occhi e del mio (o dei nostri) gusti, no, è colpa dell’architetto brutto e cattivo che non ha capito ‘na mazza (e con lui delle più alte gerarchie cattoliche che han finanziato la chiese brutte e moderne). Tra quelli che non han capito ‘na mazza ci mette il Corbu di Ronchamp, Alvar Aalto e, ultimo, ma secondo me più importante di tutti: Rudolf Schwarz e il suo liturgista di riferimento, Romano Guardini. Ora, con tutto il rispetto per il Lomonte, per sparare contro certi personaggi dell’architettura e della liturgia ce ne vuole di coraggio e di superficialità. Poi, continuando, incensa le cattedrali gotiche e romaniche come mirabili esempi di chiese dimenticando, come al solito, che il successivo Rinascimento le considerava orride…(ma che ci vuoi fare, ricordare che anche i Rinasciementali si consideravano moderni è impossibile per alcuni). Il finale, poi, è veramente degno: fare un po’ di realismo e un rivolgersi verso il Sole è la soluzione, eh sì, se non c’hai la Mecca, né Gerusalemme verso cui rivolgerti a chi punti se non al dio-Sole? Non è un po’ pagana la cosa? Ma… forse no, è semplicemente cattolico-apostolico-romana.


PS1: la comunità è così sacra che il Papa può officiare messa anche in uno stadio, in mezzo ad una valle alpina o, se volesse, anche in un bordello. La sacralità del radunarsi è disgiunta dall’edificio.


PS2 che non c’entra nulla con le chiese: ho visto la mostra Roma Interrotta del 78 alla biennale di Venezia. Beh… io una certa simpatia per le forme storiche ce l’ho sempre avuta… ma quando ho visto il Krier che fantasticava su di un triangolone con un vertice che invadeva piazza San Pietro e puntava sulla facciata, beh, ho ringraziato Iddio che ha mandato su ‘sta terra tutta una serie di architetti “moderni” che possiedono sensibilità e buon gusto per intervenire sul preesistente.

saluti

Pietro Pagliardini ha detto...

Ti rispondo molto velocemente sia perchè ho fretta sia perchè non sono certo io titolato ad entrare in problemi liturgici, sui quali, se ha letto i commenti e se ne avrà voglia risponderà Ciro.
Solo due note:
1) Le messe si possono dire ovunque: allo stadio, all'ospedale, in carcere, a scuola, in una fabbrica, in un garage, in un rifugio antiaereo, in un campo di battaglia, ecc ma sono situazioni straordinarie e particolari che non possono essere prese ad esempio per l'architettura;
2) Esiste un problema tipologico e di linguaggio per cui una chiesa che sembra un supermercato o un supermercato che sembra una chiesa e in cui conta solo la mitica, esaltante ed esaltata creatività dell'architetto, senza storia, senza regole è solo vuota immagine, glamour, sfizio personale, design che toglie all'architettura il significato di potersi riconoscere come persone e comunità in un edificio, in una città. Ripeto sempre che la città è l'ambiente dell'uomo e, come nell'ambiente naturale in un bosco di querce non puoi andare a piantare betulle perchè "mi piacciono", così nella città non puoi inventare pechè "mi piace".
La natura ha regole e anche la città ha regole.
Comunque grazie per il tuo commento.
Saluti
Pietro

Anonimo ha detto...

Sinceramnete non capisco perchè una chiesa debba avere la "forma di chiesa" antica, anche perchè è uno stereotipo che sia fatta in un certo modo (col timpano piuttosto che con guglie o campanili doppi o singolo o addirittura senza campanile, come San Pietro a Roma). Quando la religione cristiana divenne la religione dell'Impero Romano si dovette inventare un edificio di culto e si sviluppò quello a croce. Ma già con le cattedrali gotiche si iniziò ad inventare qualcosa di nuovo (chiamarlo tradizionale è una nostra astrazione perchè per quei tempi era una novità assoluta in termini non solo di forma ma anche di materiali e soprattutto si applicarono conoscenze di fisica e di tecniche costruttive (spesso regole empiriche dettate dall'esperienza dei capimastri) del tutto innovative (in un certo senso erano più medernisti allora rispetto alla loro tradizione che le nostre archistar oggi). Notre Dame a Parigi per esempio ha una pianta allungata (non a croce) che nell'ultima parte devia di asse verso l'abside (probabilmente per simboleggiare la testa del cristo inclinata sulla croce) e che con la "tradizione" ha poco a che fare.
Ci sono anche chiese neoclassiche con un bel colonnato davanti che assomigliano più ad un tempio greco (e anche qui la pianta a croce sembra se la siano dimenticata). In ogni epoca si è dato all'edificio della chiesa un interpretazione fino a giungere al capolavoro di Gaudi (la Sagrada Familia), ma questo è sempre stato abbastanza naturale.
Non capisco perchè oggi dovremmo, invece che progredire, ritornare alle forme antiche, compiendo tra l'altro un falso storico assolutamente gratuito.
Anche oggi quindi è assolutamente necessario che la Chiesa si adoperi anche nella costruzione di nuovi edifici di culto che esprimano magari nuove sensazioni spaziali e luminose (ho in mente la chiesa di Meier a Roma) al pari di come le cattedrali gotiche fecero nel medioevo con l'elevazione di muri e vetrate ad altezze fino ad allora impensabili da raggiungere. Sono cattolico e a mio avviso la chiesa avrebbe proprio bisogno di svecchiarsi un po'.

Salvatore D'Agostino ha detto...

--->Master,
puoi trovare maggiori informazioni sul progetto dei SOM su: Casabella, n. 759, pp.16-29.
Una chicca è il video di una conferenza sui SOM tenuta da Giorgio Muratore ma purtroppo ho perso il link .
Invece per la chiesa di Tor Tre Teste leggere: Ila Beka e Louise Lemoine, Xmas Meir, Abitare, n. 481, pp.154-167. Un'interessante Inchiesta video.
---> LdS,
concordo con il tuo punto di vista. Ho conosciuto solo recentemente grazie ad una conferenza del prof Roberto Masiero le architetture/vicende di Rudolf Schwarz/Romano Guardini. Da studiare.
---> Pietro,
non capisco i tuoi sferzanti giudizi "una tenda di cemento", non credi che sia troppo riduttivo e soprattutto privo di un approfondimento critico/storico/architettonico? A mio avviso un giudizio povero e pretestuoso per un architetto e soprattutto lesivo nei confronti di un bravo architetto e degli architetti curiosi in genere. Mi devi credere non serve neppure ad avvalorare la tua tesi di un'architettura tradizionale a misura d'uomo.
La tipologia è uno strumento di orientamento, un abaco di riferimento, non una teoria architettonica. L'unica tipologia possibile per l'architettura è quella che ancora non è stata disegnata.
Infine la natura ama la diversità, accetta i cambiamenti, non rifiuta nessuno. La natura è un sistema di regole flessibili lontano dal sistema di regole della città che tu (krier/Salingaros) teorizzi.
Per un’idea di natura/empatica si può leggere qualsiasi scritto di Gilles Clément.
Saluti,
Salvatore D’Agostino

Pietro Pagliardini ha detto...

Salvatore, io non ho offeso Michelucci, anzi per me è un complimento e credo che lui lo prenderebbe come tale. Una tenda è una casa in movimento, esprime un senso di provvisorietà e credo proprio che Michelucci volesse simboleggiare questo in una chiesa lungo l'autostrada, cioè il tema del viaggio con una sosta di raccoglimento e preghiera e poi via, proprio come in una tenda.
Se a quella chiesa gli togli questo simbolismo, tra l'altro riuscito bene con quei pilastri ad albero (che diversamente sarebbero assurdi) credo tu gli tolga tutto.
Saluti
Pietro

Anonimo ha detto...

Grazie Salvatore dei preziosi riferimenti, mi stò giusto informando su questo incredibile studio di architettura (Skidmore-Owings-Merrill) che sembra aver davvero fatto la storia dell'architettura degli ultimi 50 anni collaborando con alcuni dei maggiori architetti.
Sulla chiesa di Meier invece voglio segnalarti, se ti interessi di grafica e render applicati all'architettura, il numero 63 di Computer Grafica con un interessante articolo di un progetto di ricostruzione digitale della chiesa.

Salvatore D'Agostino ha detto...

Pietro,
come non detto.
Saluti,
Salvatore D'Agostino

Salvatore D'Agostino ha detto...

Master,
grazie raccolgo il suggerimento.
Saluti,
Salvatore D'Agostino

Anonimo ha detto...

salvatore, masiero... ottimo professore. due corsi ho sostenuto con lui, però guardini e scwartz non li ho conosciuti grazie a lui ma grazie a cornoldi, uno dei primi che si occupò di rapporto spazio-liturgia.

pietro, ma cazzarola, pure te co' 'sti pop-up pubblicitari che si aprono? :-)

LdS

Pietro Pagliardini ha detto...

LdS, ma quali pop-up pubblicitari? Non ho idea di come sia possibile. Io non ho messo neinte di pubblicitario a parte quell'AD sense a fondo pagina, che fa ridere e che non crea finestre. E non ho cambiato niente di recente.
Non sarà per caso qualcosa nel tuo PC? Io me lo auguro proprio.
Saluti
Pietro

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