Al momento della scelta dell'indirizzo di questo blog, dopo una serie di tentativi a vuoto alla ricerca di un nome semplice e pertinente, la sorpresa: "regola" era libero! L'architettura è oppressa da leggi e regolamenti, i termini più altisonanti della "creativa" cultura architettonica erano già occupati ma una parolina così semplice e antica e comprensibile da tutti, cioè "regola", era libera!
Questo blog parla appunto di "regole" contro la sregolatezza architettonica.


21 maggio 2013

Arat_a Isozaki?

di Ettore Maria Mazzola

Dopo un piacevole silenzio durato qualche anno, nei giorni scorsi è stata tirata nuovamente in ballo l’abominevole tettoia di Arata Isozaki per gli Uffizi di Firenze, di qui il titolo ironico che nella mia città d’origine significherebbe “di nuovo Isozaki?
E già, ci eravamo finalmente quasi dimenticati dell’esistenza di questo problema assurdo, e invece qualche indomito ha pensato bene di riesumarlo!

In un articolo pubblicato da Repubblica il 18 u.s. si apprende che “gli architetti” avrebbero fatto un appello affinché la “loggia” di Isozaki venga realizzata.

Andiamo per punti ed iniziamo col chiarire che ci troviamo davanti ad un doppio abuso terminologico:
1. Non è stato l’intero consesso degli architetti fiorentini a firmare la protesta, bensì solo uno sparuto gruppo di architetti i quali, a detta di molti loro colleghi, non si sarebbero minimamente confrontati pubblicamente con l’intera categoria, presentando indebitamente presentato quell’appello a nome dell’intero Ordine Professionale;

2. La struttura di Isozaki non può definirsi come Loggia, cosa ben più nobile di questa struttura, semmai potrebbe definirsi, in nome del politically correct, una mega-pensilina o mega-tettoia, ma io preferisco essere onesto e diretto e chiamarla uno sgorbio informe. A certi signori chiedo solo come possa esser possibile semplicemente immaginare di poter fare un confronto tra la Loggia dei Lanzi o quella del Bigallo e questa orrenda copertura, degna di un orripilante ed ipertrofico autogrill del pianeta Urano?


Chiariamo:
Sul primo punto, abbiamo potuto apprendere da una polemica lanciata da un architetto fiorentino molto impegnato nelle politiche di riforma degli ordini professionali, che le cose non siano andate proprio come ci è stato raccontato dall’articolo.

Il commento al veleno che aveva scatenato il dibattito era stato il seguente:
«Ci risiamo!!! Ma chi ha mai delegato qualcuno dell'Ordine a incardinare la rinascita urbanistica del centro storico di Firenze, sul bandone da posto macchina di Isozaki? Ma è tanto difficile promuovere una politica professionale condivisa? In mezzo a tanta arroganza qualche Architetto comincia a muoversi su sé stesso, bruciando in piazza la delega in bianco».

Nell’articolo di Repubblica si leggeva:

«La Loggia di Isozaki potrebbe essere il simbolo del recupero del centro storico di Firenze. Ma bisognerebbe farla, altrimenti diventa, come ormai sta accadendo, il simbolo del mancato recupero. L'Ordine degli architetti di Firenze lancia un appello alle istituzioni: Che fine ha fatto la Loggia di Isozaki? Facciamola. Non possiamo più aspettare. Da lì parte la credibilità del recupero degli spazi vuoti della città, a cominciare dal tratto che va da San Firenze a piazza dei Giudici […] se si lascia marcire il progetto vinto con regolare concorso ormai da 15 anni dall'archistar giapponese Arata Isozaki, non si dà nessuna fiducia quando si parla di qualsiasi altro progetto».

E allora chiediamoci:
Ma davvero il centro storico di Firenze avrebbe bisogno di un recupero di questo tipo??
Arat_a (ci risiamo) con l’abuso terminologico tipico degli architetti.
Certi architetti dovrebbero concentrare la propria attenzione su come migliorare l’abominio che hanno creato intorno ai centri storici … invece continuano ad accanirsi nel tentativo di fare approvare uno scempio urbanistico che, come nel caso dell’Ara Pacis di Meier a Roma, spianerebbe la strada a future mostruosità tanto care ai professionisti diversamente incapaci di dialogare con il contesto in maniera rispettosa.

Una delle tante assurdità di questo appello/capriccio presentato da questi fantomatici rappresentanti dell’Ordine degli Architetti fiorentino è quella che emerge da questa frase:

«[…] Uno snodo che potrebbe invece connettere il più importante museo della città con il resto di Firenze. Recuperando un'area del centro ancora vissuta come un «retro» e affollata di ex: ex Capitol, ex tribunale. Troppi ex che invece potrebbero invertire una tendenza liberando verso la città l'enorme potenziale attrattivo esercitabile da un museo al passo con i tempi»

… già, “un enorme potenziale attrattivo esercitabile da un museo al passo coi tempi” … evidentemente l’attuale Museo non sarebbe al passo coi tempi!

Guardando ai numeri del flusso turistico a me pare che gli Uffizi tirino parecchio … o sono diventato un pazzo visionario?

Sinceramente non penso affatto che questa orrenda “torta in faccia” dell’archistar giapponese possa generare un rilancio turistico di un qualcosa che non ha alcuna necessità d’esser rilanciata.
Ma, si sa, agli architetti il mondo piace sottosopra, così amano inventare soluzioni per trovarne i problemi!

Molti anni fa, in viaggio con i miei studenti e colleghi americani, all’interno degli Uffizi ci imbattemmo nell’esposizione di alcuni pannelli esplicativi del progetto che non conoscevamo. Restammo sconcertati, soprattutto restammo sconcertati da una frase che giustificava il progetto: “siccome Firenze e gli Uffizi ospitano ogni anno un gran numero di turisti giapponesi, siamo certi che la realizzazione della nuova entrata di Isozaki ne attirerà ancora di più”

… Un’idiozia che ci ha fatto sorridere per giorni al pensiero che si potesse anche solo immaginare che i giapponesi potessero essere così stupidi da affrontare un costosissimo viaggio transoceanico per venire a vedere questo orribile affronto sgrammaticato del loro compatriota nel cuore del Rinascimento italiano!

Suvvia, siamo seri!

Riflettiamo ora su alcune domande sulle quali, a causa del lavaggio del cervello patito nelle facoltà di architettura, troppo spesso gli architetti non riescono riflettere.

Ma dall’altro lato della barricata cosa pensa la gente di certi progetti?

E poi, se il problema che si pongono questi architetti fiorentini sarebbe quello della eventuale “figuraccia” e della “mancanza di credibilità” di Firenze e dell’Italia, chiediamoci: cosa pensano gli stranieri del progetto di Isozaki?

Ebbene, insegnando in una prestigiosissima università americana e collaborando con molti altri programmi internazionali, posso dire di avere centinaia di colleghi sparsi per il pianeta – non necessariamente “tradizionalisti” come qualcuno potrebbe malignare – i quali sono a dir poco indignati dall'approvazione di quel progetto ... e se questo è il parere di molti architetti e docenti di architettura, è facile immaginare quella che possa essere l’opinione dell'enorme massa di terrestri non appartenenti alla “specie contaminata” degli architetti. … signori colleghi fiorentini, ci avevate mai riflettuto?

Nell’articolo, come si è detto si rivendica: “se si lascia marcire il progetto vinto con regolare concorso ormai da 15 anni dall'archistar giapponese Arata Isozaki, non si dà nessuna fiducia quando si parla di qualsiasi altro progetto”

… Ma quale credibilità avrebbero certi concorsi dove i partecipanti sono a turno alterno i giudicanti ed i giudicati?

Vogliamo dare credibilità ad un concorso?

Vogliamo dare finalmente il giusto rispetto alla cittadinanza ormai da troppo tempo assoggettata alle imposizioni degli architetti?
Allora rifacciamo il concorso e facciamo in modo che la presenza degli architetti risulti del tutto marginale nella commissione giudicante e vediamo che succede. Peraltro Firenze è Patrimonio dell’Umanità … per quale motivo non dovrebbe essere il mondo intero a dover decidere cosa sia giusto premiare e realizzare all’interno di quello squarcio del tessuto urbano fiorentino?

Speriamo nel buon senso del Ministro ai Beni Culturali Massimo Bray, chiamato in causa dai presunti rappresentanti degli architetti fiorentini, ed ovviamente nel buon senso del sindaco e dell’intera cittadinanza fiorentina, così da non dover piangere un giorno per aver accontentato un ridicolo ed arrogante capriccio.

11 commenti:

Pietro Pagliardini ha detto...

Caro Ettore,
questa vicenda ha dell'incredibile per almeno due motivi:
il primo è la pessima qualità del progetto che, se non portasse la "firma", non avrebbe potuto superare alcun giudizio preliminare per entrare in qualsiasi classifica di concorso. Anche trascurando il progetto in sè, davvero modesto, un grande gazebo fuori scala inserito dentro il cuore di Firenze, basta una visita sul posto per rendersi conto dell'assurdità dell'idea stessa, quella cioè di riempire un vuoto...con un vuoto, laddove si percepisce invece la mancanza di un pieno, anche ad una analisi sommaria;
il secondo è la solita pretesa di un ordine degli architetti che, per una questione di principio puramente ideologico a favore dei concorsi, un puntiglio per dirla meglio, trascurando il merito, infila, a distanza di anni, la gaffe colossale di rispolverare una questione ormai archiviata con buona pace di tutti e soprattutto dei fiorentini.
Lo potremmo definire un caso di inutile, malintesa e dannosa legalità, oltre che uno scivolone tattico. Se è vero che in Italia non siamo affidabili nel fare seguire alle dichiarazioni i fatti, è altrettanto vero che in questo caso, che era chiuso e nessuno aveva sentito il bisogno di resuscitarlo, il diventare efficienti (dopo svariati anni!!) ci avrebbe fatto cadere nel ridicolo.
Si vede che l'ordine di Firenze ha sentito il bisogno di apparire, di mettersi in mostra. Sarà che si avvicinano le elezioni e in questi casi, non diversamente da quanto avviene in politica, si ricorre ad effetti forti. Il fatto è che di forte qui non c'è niente, se non l'immancabile, effimera giornalata.
Vale la pena archiviare il caso come siparietto ordinistico, senza capo nè coda, anche perchè, con tutte le emergenze e le necessità che ci sono in questo momento, dubito assai che questa proposta possa trovare riscontro alcuno, se non in qualche architetto che ha come misura della realtà il proprio ombelico.
Dubito che il sindaco Renzi sia così folle da svigliaccarsi una reputazione per improbabili, maggiorati flussi turistici giapponesi. Proprio lui che ha fatto demolire l'altra pensilina, quella della stazione, senza strazio o proteste da parte di nessuno, proprio lui che ha proposto di ripavimentare Piazza Signoria con l'originario disegno e materiale e di completare la facciata di San Lorenzo riprendendo il disegno di Michelangelo.
E poi, Renzi, il rottamatore, potrebbe dare vita a qualcosa che è già stato rottamato prima ancora di esistere? Suvvia, un po' di buon senso.
Ciao
Pietro

ettore maria ha detto...

Parole sante le tue Pietro,
speriamo che le legga anche Renzi.

Ciao
Ettore

vilma torselli ha detto...

Pietro, te lo ricordi l'articolo di Salingaros sul tema?
http://www.artonweb.it/architettura/articolo24.html
come mai è in artonweb e non è sul tuo blog?

Vilma

Pietro Pagliardini ha detto...

Vilma, lo ricordo abbastanza bene e la spiegazione è semplice: erano gli inizi del rapporto con Nikos e gli altri. Lui mi mandò quell'articolo per una revisione in italiano. Poi mi disse che gli sarebbe piaciuto pubblicarlo sul tuo sito perché, e ti posso assicurare che è vero, tu condividevi alcune sue idee. Mi pare che mi abbia detto che in qualche modo avevate avuto uno scambio via internet.
Comunque nel mio blog non c'è forse l'intero articolo, ma ampi stralci sono riportati in un post
Ciao
Pietro

vilma torselli ha detto...

ho ricevuto da Salingaros i suoi libri sul decostruttivismo e non è affatto strano che io condivida la sua critica, anch'io nel mio piccolo ho scritto qualcosa in tal senso. Abbiamo comunque con un approccio diverso, ma viva la differenza.
La pensilina degli Uffizi tuttavia non c'entra con il decostruttivismo, quindi a maggior ragione non è strano che io mi associ alle sue obiezioni, preciso questo per dirti che la domanda che ti ho fatto non voleva essere una battuta.
ciao
Vilma

Pietro Pagliardini ha detto...

Infatti il decostruttivismo in questo caso nulla c'entra.
C'entrano:
- l'assoluta mancanza e incapacità di lettura dello spazio e del tessuto urbanistico, ma direi l'assoluta insensibilità e indifferenza a questo luogo, da parte dell'architetto;
- un progetto che definire modesto mostra grande magnanimità.
Ma, ripeto, è una minestra riscaldata dall'Ordine degli architetti a puri fini elettoralistici. Mi sembra però un vero autogoal perchè il capitolo era da tempo chiuso, archiviato, dimenticato. E pure l'Ordine dimostra, come Isozaki, la propria incapacità di capire il clima che c'è a Firenze, anche nella figura del sindaco che ha compiuto gesti effettivi che vanno nella direzione opposta.
Ciao
Pietro

Anonimo ha detto...

da ignorante estraneo: come si fa a chiamarla pensilina?
una pensilina deve coprire dalla pioggia. Con quelle dimensioni, chi sta sotto si bagna come chi sta fuori. Anche come pensilina di un edificio moderno, come un hotel di vetri e specchi, sarebbe omogeneo nella struttura e nei materiali, ma inutile e sbagliato riguardo alla funzione

Enrico D.

Pietro Pagliardini ha detto...

Perfido Enrico!
Ma Isozaki ha fatto conto che i giapponesi, che arriverebbero a milioni per vederla, per tradizione hanno sempre gli ombrellini, per proteggersi dal sole. E quello che para dal sole para la pioggia. Questo per le donne. Gli uomini hanno il cappello impermeabile, quello che ha anche quella calata sul collo. I giapponesi sono sistemati, degli altri a lui, cosa gli frega!
Prendiamola sul ridere.
Ciao
Pietro

Unknown ha detto...

sì purtroppo si tratta di un intervento davvero poco riuscito, come il progetto per il grattacielo per city life del resto
se ti va di passare dal mio blog http://arkitalker.wordpress.com/

Renato ha detto...

Assolutamente poco riuscito...
Anche io attribuisco il fallimento ad una cattiva lettura del tessuto urbanistico (e perché no sociale). Troppa faciloneria.

Anonimo ha detto...

Ovviamente non è bastata Piazza Matteotti di Scandicci ,adesso si colpisce anche Firenze. D'altronde basta guardare il disastro di Santa Maria Novella con quelle orrende panchette minimalistiche e quelle aiole che sembra l'orto di un contadino alla faccia dell'ingegneria botanica dei giardini all'italiana. Quei quattro cespuglietti di rosa poteva piantarli meglio nonna papera e i suoi anatroccoli.

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