Pietro Pagliardini
Chi sono le “casalinghe di Voghera”, cosa si intende con questa espressione e perché le ho tirate in ballo?
Comincio dalla fine: le ho tirate in ballo perché c’è una persona di cui ho grande stima, Vilma Torselli, che le cita spesso nei commenti e, a forza di sentirle nominare, mi ha suggerito una riflessione un po’ scapigliata.
Wikipedia, che è appunto l’enciclopedia per le casalinghe di Voghera e da cui io attingo spesso, ne dà una definizione esatta:
"Casalinga di Voghera" è un'espressione popolare molto comune nel giornalismo che vuole rappresentare quella fascia della popolazione italiana dal basso livello di istruzione e che possiede un lavoro generalmente molto semplice o umile, tuttavia "rispettabile" per il suo senso pratico di stampo tradizionale. Di rado viene utilizzata in senso dispregiativo, altre volte è usata come sinonimo di saggezza popolare".
Da questa definizione risulta per me evidente che questo è il blog per le casalinghe di Voghera perché l’architettura che viene qui, malamente, sostenuta è proprio quella che, ne sono certo, sarebbe di loro gradimento.
Ho perciò finalmente inquadrato la “mission”, individuato non una platea, non esiste proprio, ma l’obbiettivo a cui io mi devo rivolgere e, inconsapevolmente, a cui mi sono spesso rivolto; o meglio, mi risulta più chiaro che l’ideologia portante di questo blog, il “linguaggio” architettonico di riferimento ha un nome che non è esattamente “antichismo” o “classicismo” ma “buon senso” inteso come sinonimo di “saggezza popolare”.
E’ vero che in questo blog appaiono, di tanto in tanto, post tanto cervellotici da apparire quasi una roba seria, ma è anche vero che questi sono specchietti per le allodole scritti a scopo dimostrativo per quegli architetti che amano i discorsi complicati altrimenti nondiciniente, per dimostrare loro che anche qui sappiamo fare uso di buone maniere che, insomma, sappiamo stare a tavola e, quando strettamente necessario, perfino sbucciare la frutta con coltello e forchetta (ma ci rifacciamo più al vecchio Galateo che a Lina Sotis); sono in fondo un mezzo per trovare un linguaggio che consenta di comunicare con l’architettese, che è spesso l’unico che molti architetti conoscano, essendo l’italiano ormai in disuso.Devo dire che, per quanto io ed altri ci sforziamo, non riusciamo quasi mai ad esprimerci al massimo di quel linguaggio, per cui non ci facciamo capire né dagli architetti architettesi né dalle casalinghe, le quali peraltro non mi vengono a trovare perché hanno poco tempo da perdere.
Sento il bisogno, tuttavia, di tranquillizzare l’amica Vilma: non intendo pascolare nel suo prato.
Voglio chiarire che il rapporto mio rispetto alle casalinghe è completamente ribaltato rispetto a quello che ha Vilma con loro: io più che spiegare alle casalinghe di Voghera, mi immedesimo in, mi metto nei panni di, "mi faccio" casalinga di Voghera, ritenendo presuntuosamente di interpretarne i gusti e le aspettative, per far capire a qualche collega architetto che cosa io, e perciò loro, le casalinghe, mi aspetti dall’architettura; dove a me, e perciò a loro, piacerebbe vivere ed abitare.
Ed è proprio per questo motivo che spesso abbandono ogni freno inibitore e dico delle bestemmie inimmaginabili per molti architetti: dico che Poundbury è un modello di convivenza civile, dico che se demoliranno i Robin Hood Gardens, e meglio ancora il Corviale e lo Zen, non sarò colto da sussulti di sdegno e dormirò tranquillo come sempre, che Londra poteva sopravvivere senza un grattacielo a forma di fallo (detto pudicamente cetriolo), che i grattacieli non sono affatto sostenibili come ci vogliono fare credere, che Dubai è molto peggio di Disneyland perché qui si sogna e ci si diverte, lì si muore di paura a pensare che fine fanno i soldi dei nostri pieni di benzina, che i progetti di Libeskind sono terrorizzanti, nel senso che mettono proprio un senso di paura, di ansia, di angoscia, di provvisorietà e che ti prospettano un presente e un futuro in bilico, che al Principe Carlo dovrebbe essere assegnato un premio Nobel, non so per cosa, ma se lo hanno dato a Dario Fo, per lui ne possono pure inventare un altro, che il Premio Pritzker per l’architettura dovrebbero darlo a Leon Krier per la tenacia con cui ha portato avanti le sue idee, contro tutto e tutti, invece che a Jean Nouvel, che sarà pure bravo ma non può venderci anche lui un grattacielo a forma di fallo per un omaggio a Gaudì, che Calatrava sarà bravo pure lui ma che ci è venuto a noia con i suoi scheletri di dinosauro ripetuti in tutto il mondo e in ogni tipo di edificio, che la sopraelevazione della Scala di Botta è un ferro da stiro messo sopra un tetto e Milano non è Voghera dove ci sono molte casalinghe e dei ferri da stiro ne possono fare a meno, che la chiesa di Meier non è fatta per pregare e non so, in verità, a cosa potrebbe servire, e via discorrendo.
Ora, io lo so che il problema Archistar neanche sfiora lontanamente le nostre amiche casalinghe perché è difficile che esse possano aspirare a vivere in una casa da queste progettate anche perché, fortunatamente, di case non ne fanno tante e quando le fanno non sembrano proprio case e le casalinghe neanche se ne accorgono. In campo edilizio il loro problema è che il più delle volte sono costrette a scegliere tra un ignobile condominio progettato direttamente dall’impresario, una casetta del geometra con quattro archetti in cemento armato faccia a vista e con 5 metri di giardino per lato, che non è un giardino ma per fare una grigliata con i parenti è sufficiente, e una casa a schiera senza tetto e con blocchi di c.l.s. bugnati faccia a vista dell’architetto. Praticamente non hanno scelta.
Ma il vero nemico delle casalinghe di Voghera, che sono abituate ad andare a piedi o in bicicletta in piazza del Duomo dove c’è il mercato attraversando le stradine del centro storico e incontrando amiche e conoscenti, è il progettista di Piani Regolatori. E’ questa figura la vera responsabile, sotto il profilo culturale, della dissoluzione di tutte le città, perché manda le casalinghe a vivere in periferie dove le strade non sono più strade perché non delimitate da cortine edilizie, dato che le case, singole o condominiali che siano, sono rigorosamente staccate di 10 metri le une dalle altre e arretrate rispetto al filo strada, per dare giardinetti inutili o inutili spazi condominiali.
Così le strade sono solo nastri di asfalto, territorio per sole auto, e il tragitto per il centro, privo com’è di negozi, botteghe e possibilità di incontri si declassa al livello di “movimento pendolare” o “mobilità urbana”, cioè uno stress, anche nei momenti fuori delle ore di lavoro.
E’ il progettista del Piano, che disegna la città come gli hanno insegnato all’università, (cioè con il criterio di Le Corbusier che sosteneva che Siena è disegnata con il percorso dell’asino e che ovunque andasse tentava di fare tabula rasa di ciò che trovava e di sostituirlo con i suoi sogni autoritari e allucinati di Ville Radieuse) che stimola e incoraggia, mediante norme edilizie coerenti con quell’idea, quel tipo di edilizia che non è urbana e non è rurale e che fa sembrare belle, alle confuse casalinghe di Voghera, perfino le villette con gli archetti in cemento armato faccia a vista, perché sono pur sempre un richiamo, ingenuo e igorante, alla loro città, a ciò che hanno imparato, anzi, sempre saputo essere l’archetipo di casa.Ecco, alle casalinghe di Voghera do un suggerimento: Alessandria non è molto lontano da Voghera e nella domenicale gita in auto facciano un salto a vedere Città Nuova, il quartiere residenziale progettato da Lèon Krier e Gabriele Tagliaventi; vi troveranno un esempio, uno dei pochi in Italia, che può ridare loro un po’ di speranza.
Se qualcuno leggendo questo post mi desse dell’ignorante sappia che l’offesa la girerò direttamente alle casalinghe di Voghera le quali invece possono vantare concittadini illustri quali: Alberto Arbasino (che sostiene di essere l’inventore dell’espressione “casalinghe di Voghera”), Alessandro Bolchi, regista Tv degli anni d’oro degli sceneggiati e non delle fiction, Pino Calvi, che non è il banchiere ma il musicista, Carolina Invernizio, che è, per me, la vera causa della nascita dell’espressione “casalinghe di Voghera”, Alfieri Maserati, fondatore della Maserati, quella delle macchine, e questo da solo basta a dare quarti di nobiltà alla città e, udite, udite, amici architetti, Eugenio Mollino, padre di Carlo Mollino che non è nato a Voghera ma che insomma vi ha ascendenze (tutte notizie prese dal sito del Comune di Voghera che, evidentemente, voleva sfatare il mito di Voghera città di casalinghe).
N.B. La foto di Voghera è tratta da Google Earth
5 settembre 2008
ELOGIO DELLA CASALINGA DI VOGHERA
Etichette:
Archistar,
Botta,
Calatrava,
Jean Nouvel,
Le Corbusier,
Leon krier,
Meier,
Poundbury
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Etichette
Alemanno
Alexander
Andrés Duany
Angelo Crespi
Anti-architettura
antico
appartenenza
Ara Pacis
Archistar
Architettura sacra
architettura vernacolare
Archiwatch
arezzo
Asor Rosa
Augé
Aulenti
Autosomiglianza
Avanguardia
Barocco
Bauhaus
Bauman
Bellezza
Benevolo
Betksy
Biennale
Bilbao
bio-architettura
Bontempi
Borromini
Botta
Brunelleschi
Bruno Zevi
Cacciari
Calatrava
Calthorpe
Caniggia
Carta di Atene
Centro storico
cervellati
Cesare Brandi
Christopher Alexander
CIAM
Cina
Ciro Lomonte
Città
Città ideale
città-giardino
CityLife
civitas
concorsi
concorsi architettura
contemporaneità
cultura del progetto
cupola
David Fisher
densificazione
Deridda
Diamanti
Disegno urbano
Dubai
E.M. Mazzola
Eisenmann
EUR
Expo2015
falso storico
Frattali
Fuksas
Galli della Loggia
Gehry
Genius Loci
Gerusalemme
Giovannoni
globalizzazione
grattacielo
Gregotti
Grifoni
Gropius
Guggenheim
Hans Hollein
Hassan Fathy
Herzog
Howard
identità
Il Covile
Isozaki
J.Jacobs
Jean Nouvel
Koolhaas
L.B.Alberti
L'Aquila
La Cecla
Langone
Le Corbusier
Leon krier
Léon Krier
leonardo
Leonardo Ricci
Les Halles
levatrice
Libeskind
Los
Maffei
Mancuso
Marco Romano
Meier
Milano
Modernismo
modernità
moderno
Movimento Moderno
Muratore
Muratori
Musica
MVRDV
Natalini
naturale
New towns
New Urbanism
New York
New York Times
new-town
Nikos Salìngaros
Norman Foster
Novoli
Ouroussoff
paesaggio
Pagano
Palladio
Paolo Marconi
PEEP
periferie
Petruccioli
Piacentini
Picasso
Pincio
Pittura
Platone
Popper
Portoghesi
Poundbury
Prestinenza Puglisi
Principe Carlo
Purini
Quinlan Terry
Referendum
Renzo Piano
restauro
Ricciotti
riconoscibilità
rinascimento
risorse
Robert Adam
Rogers
Ruskin
S.Giedion
Sagrada Familia
Salingaros
Salìngaros
Salzano
Sangallo
Sant'Elia
scienza
Scruton
Severino
sgarbi
sostenibilità
sprawl
Star system
Stefano Boeri
steil
Strade
Tagliaventi
Tentori
Terragni
Tom Wolfe
toscana
Tradizione
Umberto Eco
università
Valadier
Valle
Verdelli
Vilma Torselli
Viollet le Duc
Vitruvio
Wrigth
Zaha Hadid
zonizzazione
9 commenti:
Pietro,
interessante l'analisi, le città/paesi hanno bisogno di risposte più adeguate per le casalinghe di Voghera (che per trasposizione ingloba tutte le sfaccettature possibili dell'abitare). A tal proposito ti segnalo quest'interessante articolo a firma del sociologo Ilvo Diamanti: http://www.repubblica.it/2008/08/sezioni/politica/diamanti-estranei/diamanti-estranei/diamanti-estranei.html
Estratto: - "Principale fonte di conoscenza del mondo: la televisione. Comunicano con gli altri attraverso i cellulari e - i più competenti - le e-mail. Abituati a relazioni senza empatia, frequentano i centri commerciali, non solo per "consumare" ma per uscire di casa, per incontrare gente. Si tuffano nelle notti bianche, negli eventi di massa. Dove gli altri sono "folla" e restano "altri". Estranei. Questo ci pare il problema principale, oggi. La scomparsa della società, sostituita da un'opinione pubblica pallida. Artificiale. Atomizzata. Non "Opinione", ma "opinioni", raccolte dai sondaggi, rappresentate "dai" e "sui" media. Più che "opinione pubblica": pubblico. Spettatori. Persone senza città. Non-cittadini." -
Credo che risponde alla domanda: Chi è la casalinga di Voghera oggi?
Tralasciando ormai la tua ossessione verso alcuni progetti e progettisti, non condivido la soluzione del problema così unilaterale e schierata.
Credo che ci possono essere alternative anche più interessanti vedi il caso Medellin: http://www.archphoto.it/2008/03/23/emanuele-piccardo_la-citta-dalla-primavera-perenne/
Perché essere così monarchici? Non sai che alle casalinghe rompe.
Saluti
S. D.
Grazie Salvatore per le segnalazioni, che appena mi sarà possibile andrò a leggere.
Quanto alle mie "ossessioni" ti dico che, se tali appaiono, io la sera mi addormento senza pensare a Krier e non ho altarini nè in studio nè in casa. Le mie "ossessioni" sono molto calcolate e controllate: per farsi capire meglio occorrono dei simboli: ai simboli di Libeskind, Eisenmann e compagnia di giro ne oppongo un altro, per evitare di entrare nel merito di quelle architetture. Guai a mettersi nei panni della controparte. Non mi interessa affatto discutere da architetto di quelle architetture perchè voglio che risulti chiaro che, aldilà dei meriti individuali, che ovviamente ci sono, è il principio, l'ideologia, il culto che c'è dietro che è perverso. Per questo motivo non sto a sottilizzare nemmeno sui "miei" simboli, su cui talora ci sarebbe da discutere.
In questo senso, aldilà dello scherzo, io ragiono davvero come una casalinga di Voghera la quale ha due reazioni possibili rispetto ad un progetto: mi piace/non mi piace, si/no, bello/brutto. Io che non sono un critico, faccio un passettino avanti e cerco di capire perchè una cosa è "sì" e l'altra "no".
Comunque le osservazioni che fai sono interessanti, Diamanti di solito è molto bravo ma io, che non sono nemmeno un sociologo, osservo che la città è un prodotto umano che nasce per favorire lo scambio e i rapporti tra persone, quindi il disegno della città può "favorire" queste relazioni oppure renderele talmente difficili da impedirle del tutto.
Ad oggi l'unico disegno che le favorisce è quello della città storica, naturalmente con gli adattamenti tecnici del caso, che sono assolutamente possibili. Dall'inizio del secolo scorso questo disegno è stato volontariamente abbandonato e i risultati sono evidenti a tutti.
Poundbury non è la soluzione assoluta ma, come esempio realizzato e funzionante, indica che la direzione è giusta e percorribile perchè ha smentito l'assunto che la città contemporanea debba essere necessariamente "non-città".
Poundbury ha messo a nudo il falso mito sociologico che serve a giustificare tutti gli scempi ossibili, che oggi non sia possibile riproporre un disegno urbano che si rifà alla storia: è possibile. Come la mettiamo? Forse è venuto il momento in cui sono i Modernisti a doversi giustificare e non viceversa.
Comunque sbagli senz'altro sulla monarchia: le casalinghe di Voghera non possono non essere attratte dal sangue blù perche le storie di re e regine, principi e principesse sono eterne(vedi Lady D.) e appartengono ai sogni di tutti, a partire dalle favole dei bambini.
Saluti
Pietro
Pietro, ti ringrazio per le gentili parole nei miei confronti, ma soprattutto per la prosa del tuo articolo, divertente, leggero e garbatamente ironico, che strappa il sorriso: è la dimostrazione che si può parlare di cose serie ed importanti in modo discorsivo e comprensibile, alla portata di tutti (anche 'delle'...). In realtà nel mio rivolgermi 'alle' non c'è né disprezzo né presa in giro, solo la dovuta valutazione della parte numericamente più considerevole del paese, una sorta di "maggioranza silenziosa" che può anche non parlare, ma che è perfettamente in grado di sentire.
Tra i vogheresi famosi aggiungerei a buon diritto Valentino (Garavani), non c'è casalinga di Voghera che non abbia sognato una volta nella vita di entrare dentro uno dei sontuosi abiti rossi di questo illustre concittadino e, per un fuggente attimo, sentirsi divina.
Ciao
Vilma.
Accidenti, come ha fatto a sfuggirmi Valentino tra gli illustri di Voghera! In effetti nel sito del Comune è citato solo che il cognome mi era ignoto.
Ti ringrazio per il commento ma la mia leggerezza è proprio naturale, non mi devo sforzare molto. Per questo, forse, fraternizzo con le casalinghe.
Saluti
Piero
Allora la domanda vera non e' come la ARCHISTAR costruira' il Museo X, o la chiesa Y o lo Stadio Z, ma come costruire in modo economico ed ecosostenibile gli spazi abitativi contemporanei.
Alcuni interrogativi: possiamo pensare di costruire ancora case di pietra? di cemento armato? di legno? da ora in poi dobbiamo solo recuperare i vecchi edifici?
dobbiamo demolire l'edilizia anni 60-70-80? a senso espandere le citta'? ha senso vivere nei condomini? come andrebbero risolti i collegamenti nel territorio?
Occorrebbe stabilire un tetto massimo di case che una persona puo' detenere?
La soluzione non dipende dagli architetti e dagli ingegneri (i supereroi dei tempi moderni), per quanto noi ci battiamo (quelli che lo fanno per passione) al massimo limitiamo il processo inarrestabile di distruzione
della natura, perche' nel mondo prevale solo la logica del profitto, (prima liberale oggi di partito, vedi USA e Cina) dove e' lecito, inquinare l'atmosfera, i mari i fiumi, la terra e costringere le nuove generazioni a vivere in megacondomini.
Giovanni, vedo che anche tu fai parte del blog ArchitetturaCatania di cui sono affezionato cliente. Nel tuo commento poni un sacco di problemi tutti insieme che, mi pare, possono essere tutti articoli di un capitolo dal nome "sostenibilità", parola bruttissima ma serve a capirsi.
Io confesso di non avere una spiccata sensibilità verso questo tema perchè credo che esso sia inficiato da esagerazioni ideologiche alla Al Gore, per capirsi, quotidianamnete pompate dalle TV perchè è un ottimo riempitivo. Le catastrofi pagano in share, come le malattie di stagione, i "grandi rientri" dalle vacanze, l'inizio dell'anno scolastico, ecc.
Credo invece che dobbiamo (anche per legge) progettare pensando al risparmio energetico ma senza attribuirgli chissà quale vaore salvifico e, soprattutto, non diventando un'altra moda su cui impostare uno stile architettonico. Comunque è accertato che le case più ecologiche e risparmiose sono quelle che hanno una grande massa muraria, cioè quelle tradizionali e non certo i grattacieli o gli edifici costruiti con materiali "contemporanei" e leggeri, cioè il contrario della moda attuale.
Ma a me interessa molto di più l'ecologia che pensa all'uomo e, in questo senso, le nostre periferie sono assolutamente dannose alla salute di chi vi abita. Demolire le costruzioni anni '60? Magari, ma mi sembra un pò difficile pensare di farlo così, in assoluto e per tutte le costruzioni. A me sembra però di intravedere una certa tendenza in questa direzione che però non può essere imposta dall'alto con legge dello Stato ma solo favorita. Su una cosa dissento totalmente: ognuno può possedere quante case vuole: questo è un principio di libertà sacro e inviolabile.
Saluti
Pietro
Ben detto Pietro, una buona architettura deve avere implicitamente le caratteristiche 'ecologiche' (ma non quelle di maniera) basta leggere le prime pagine del tuo libro preferito De Architettura.
Certo io non sono così radicale sulla matericità dell'edificio.
A presto.
Buongiorno, mi chiamo Angelo Gueli questa è per me la prima volta in questo post.
L'ordine degli Architetti di Firenze sta' organizzando una manifestazione intitolata OPENARCH che si svolgerà dal 10 al 15 settembre. Una delle giornate sarà in parte dedicata ai viaggi e alle città viste attraverso l'occhio degli architetti. Avendo avuto la fortuna di partecipare ad un convegno organizzato dalla Prince Foundation proprio a e su Poundbury, avrò l'occasione di mostrare e commentare qualche immagine del quartiere più discusso d'Europa (in linea di massima i miei commenti saranno positivi). Se vi trovate nelle vicinanze siete tutti invitati. Per maggiori informazioni sulla manifestazione www.architoscana.org . Comunque nelle prossime settimane sulla rivista degli architetti Toscani OPERE uscirà un mio articolo sempre sullo stesso argomento.
Ciao Angelo
Grazie ad Angelo per la comunicazione. Nel sito degli architetti di Firenze, con grande fatica, ho trovato il calendario. Mi sembra di aver capito, ma chi è interessato farà meglio a informarsi, che Angelo Gueli dovrebbe presentare Poundbury Giovedì tra le 20,30 e le 22,30. Dove? La chiarezza non è mai stato il punto forte degli architetti: area tra via Corridoni e Via Pisacane, all'aperto.
I volenterosi interessati faranno meglio a chiedere all'Ordine di Firenze.
saluti
Pietro
Posta un commento