tag:blogger.com,1999:blog-1239916086652624689.post3642049195169552642..comments2023-06-27T17:53:51.865+02:00Comments on DE ARCHITECTURA: PERIFERIE E ARCHISTARPietro Pagliardinihttp://www.blogger.com/profile/08270052623457877178noreply@blogger.comBlogger11125tag:blogger.com,1999:blog-1239916086652624689.post-74162406174186521342008-10-29T09:00:00.000+01:002008-10-29T09:00:00.000+01:00Benissimo: sono contento di vivere di in città e s...Benissimo: sono contento di vivere di in città e sono anche contento di attraversare la città per venire in studio. Resta, però, una brutta città.<BR/>Quel post sui graffiti l'avevo già letto a suo tempo e mi ricordo benissimo quel geniale filmato da grande comunicatore e pubblicitario. Mi pare di ricordare che fosse solo un pò troppo lungo.<BR/>Quanto al resto non c'è dubbio che resta una differenza profonda tra due posizioni che, per affinità con il gergo politico, definirei l'uno "movimentista" l'altra "storica".<BR/>E così mi sono collocato in una posizione conservatrice e istituzionale. Chissà....<BR/>Saluti<BR/>PieroPietro Pagliardinihttps://www.blogger.com/profile/08270052623457877178noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-1239916086652624689.post-38836567790702462672008-10-29T00:51:00.000+01:002008-10-29T00:51:00.000+01:00---> Pietro,il vero crack dei nostri pensieri s...---> Pietro,<BR/>il vero crack dei nostri pensieri sta nel codice d'interpretazione che usiamo, per te vale il bello/brutto della forma, per me ha valore il processo architettonico e le sue interazioni spaziali lette senza dogmi. Una semplice questione di cosmogonia.<BR/>Comunque credo che il viaggio da te descritto sia urbano (quindi vivi in città).<BR/>Per me un campo ROM è una città, anche loro parlano, bisognerebbe ascoltarli parafrasando Vilma a proposito dei graffitari, (anche se è poco elegante citarsi) ti suggerisco un mio link: http://wilfingarchitettura.blogspot.com/2008/06/0010-mondoblog-blu-lo-sporca-muri.html parla di ascolto/periferia/città.<BR/>Per finire ti passo un altro link questa volta non mio sulle banlieues: http://www.meltingpot.org/articolo6226.html<BR/><BR/>---> Peja,<BR/>permettimi di dissentire 'periferia' è una parola disonesta usata dai politici/costruttori/architetti/affini per non trattare il tema della città, cioè la sua urbanità o semplificando socialità che possiamo ritrovare anche in un gruppo di due/tre case.<BR/>Si parla di periferia per non affrontare i veri problemi e fare distinzioni che morfologicamente non esistono.<BR/><BR/>Salvatore D'AgostinoSalvatore D'Agostinohttps://www.blogger.com/profile/08272801306639580484noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-1239916086652624689.post-11858522130269119392008-10-28T22:24:00.000+01:002008-10-28T22:24:00.000+01:00Peja, certamente che esistono tante periferie e ta...Peja, certamente che esistono tante periferie e tante anche nella stessa città e tra tante ce ne sono anche di virtuose. Ma questo non è un trattato sulle periferie, è un post su quanto di negativo vi è nella periferia in generale, che supera di gran lunga quanto vi è di positivo.<BR/>Dove voglio arrivare? Voglio arrivare a dire che la città andrebbe progettata secondo quanto indicato nel post http://regola.blogspot.com/2008/09/le-regole-esistono-leggetevi-questo.html<BR/>che io ho solo materialmente inserito nel blog ma che è frutto di una scuola e in particolare delle ricerche di Gianfranco Caniggia.<BR/>Quando un architetto è incaricato da un Amministrazione di fare il nuovo piano esistono due modi per farlo, semplificando: come fatto fino ad ora oppure seguendo quelle regole. Se si seguono quelle regole il piano viene meglio e la città nuova meglio ancora. I discorsi di carattere sociologico ad un certo punto sono a zero: ho un lapis in mano e posso fare un segno in un modo o un segno in un altro. Gli amministratori c'entrano poco, perchè a loro interessa altro. Nessuno dei due sarà perfetto, perchè tra il disegno e la sua esecuzione ci sono forze economiche e sociali che complicano tutto ma TUTTO PARTE DA QUEL SEGNO scelto dal progettista del piano.<BR/>Quindi, per me, in principio è solo questione di scelta culturale e disciplinare. Dopo viene la società. Io vedo la relazione di causa-effetto completamente ribaltata.<BR/>Lo so di non avere risolto tutto, e forse ho anche risolto poco, ma poco è meglio di niente.<BR/>saluti<BR/>PieroPietro Pagliardinihttps://www.blogger.com/profile/08270052623457877178noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-1239916086652624689.post-41751670347072846182008-10-28T22:00:00.000+01:002008-10-28T22:00:00.000+01:00La questione che poni è spinosa e necessita di ana...La questione che poni è spinosa e necessita di analisi approfondite. Giustamnete dici che la periferia non è una non città, nemmeno una città, è semplicemente periferia. Però questo impone, e credo sia questo il parere di Salvatore, di per lo meno fare un distinguo tra le periferie di basso profilo, completamente deurbanizzate impossibilitate nella loro forma di creare uno spazio, da altre periferie pianficate per somigliare ad un qualcosa che possiamo aggettivare con "urbano". In effetti mi trovo in una posizione a metà tra te e Salvatore: da una parte trovo riduttivo non considerare le potenzialità del /noncentro/, dall'altra come ricorda Vilma nel commento, vi è bisogno di capire che i "corviali" sono semplicemente esperimenti falliti. D'altra parte la città deve, come con molta retorica si dice, riappropriarsi di quei brani che si è lasciata scappare. Anche perchè, quella che oggi era centro storico, un tempo magari era periferia di chissà cosa. A Roma ci sono milioni di esempi su questo tipo di cose. Sfido io a paragonare quartieri residenziali di medio borgo a quelli popolari...<BR/>Semplicemente bisogna iniziare a studiare le cose per quello che sono, evitando i modelli, nuovi o tradizionali che siano...<BR/><BR/>PS: Le Corbusier Urbanista non era troppo distante dai principi Rinascimentali. Anzi...Anonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-1239916086652624689.post-53437480930632157372008-10-28T19:09:00.000+01:002008-10-28T19:09:00.000+01:00Vilma, i graffiti sono diventati ormai istituziona...Vilma, i graffiti sono diventati ormai istituzionalizzati tant'è che nella mia città l'Assessore alla cultura di turno ha concesso un muro di un sottopassaggio e ha organizzato un happening per dipingere.<BR/>Ora io credo che esistano scale di valori senza le quali si perde un elemento essenziale del nostro pensiero occidentale e cioè le categorie. Queste consentono di classificare la realtà in base a caratteristiche comuni. Due di queste credo siano anche il bello e il brutto, cioè una scala di valori estetici di merito. So bene che oggi ciò che sembra contare di più è l'espressione rispetto alla forma, e tutto è considerato arte ma io sono terribilmente vecchio, e continuo a credere che la forma, cioè l'oggetto reale, conti più dell'espressione, cioè l'intenzione che c'è dietro, il contenuto.<BR/>Uno dei libri di critica d'arte che ho apprezzato di più, anche se terribilmente fazioso, addirittura più di me, è di Matteo Marangoni, Come si guarda un quadro. In un periodo giovanile fortemente impegnato, dopo una sfilata di cineforum con film ungheresi e brasiliani, che dicevano essere molto belli, tipo la corazzata Potiemkin, leggere che un'opera d'arte si giudica con valori intrinsechi e non contenutistici, mi rimise le idee apposto.<BR/>Saluti<BR/>PieroPietro Pagliardinihttps://www.blogger.com/profile/08270052623457877178noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-1239916086652624689.post-31335478142466220442008-10-28T15:59:00.000+01:002008-10-28T15:59:00.000+01:00"Io vorrei sapere se gli abitanti delle banlieu so..."Io vorrei sapere se gli abitanti delle banlieu sono contenti della loro condizione esistenziale o se non sono costretti ad adattarvisi creando, ad esempio, quelle che alcuni reputano forme artistiche, quali i banalissimi e tutti uguali graffiti lungo le linee ferroviarie, nei sottopassaggi, nei lunghi muri in c.a. dei rilevati stradali.", così scrivi, Pietro, in un commento di questo post.<BR/>Quei banalissimi graffiti sono il modo, forse l'unico, che i residenti delle banlieu possono mettere in atto per appropriarsi del territorio in cui sono costretti ad adattarsi, quei graffiti sono pratiche semio-linguistiche molto eloquenti ed il writing rappresenta, specie per i giovani, un insostituibile mezzo per veicolare precisi messaggi, il più delle volte cifrati, per manifestare una propria creatività, le opinioni, le proteste, l'identità, l'appartenenza ad un gruppo, ed in seconda battuta ad un territorio del quale, anche inconsapevolmente, aspirano a diventare 'abitanti'. <BR/>D'altra parte la pratica di apporre segni sui muri ha radici antichissime, parte da quando, sulle pareti di una caverna nei pressi di Altamira, circa 20.000 anni fa, una mano primitiva disegnò con fanghiglia color ocra rudimentali figure di bisonti, uomini e cervi, allora per abitare (habere) una caverna, oggi diventata i "muri in c.a. dei rilevati stradali."<BR/>Per favore, non chiamarli "banalissimi e tutti uguali graffiti ", forse non avranno sempre un significato artistico, ma senz'altro umano.<BR/>Parlano, bisognerebbe ascoltarli.<BR/>Ciao<BR/>VilmaAnonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-1239916086652624689.post-6620147961633112452008-10-27T12:48:00.000+01:002008-10-27T12:48:00.000+01:00Caro Salvatore, andrò a passeggiare come mi consig...Caro Salvatore, andrò a passeggiare come mi consigli te. Però un minimo di esperienza personale, cioè non come architetto, ce l'ho perché io vivo in periferia, anzi in una frazione che di fatto è una periferia. Io vivo in una di quelle "villette" di cui parlo nel post, cioè in un "terra-tetto", come si dice in gergo immobiliaristico, in una schiera, con un giardino davanti e uno dietro. Il mio giardino può presentare anche quelle sorprese di cui parli: ho la voliera per gli uccelli, i miei gatti sempre di guardia, vedo il cambio delle stagioni nelle piante. Sono sufficientemente contento della mia casa: ho tanto di quello spazio e soprattutto di quelle stanze che una casa in centro capace di garantirmi le stesse "comodità" richiederebbe un patrimonio. E poi i miei figli, che sono conservatori, non vogliono assolutamente cambiare.<BR/>Tutti i giorni faccio avanti e indietro con l'auto per portare la figlia a scuola e per andare in studio. Mia moglie idem per il lavoro. Mio figlio più grande macina chilometri per andare ad Arezzo a studiare o a cazzeggiare. Non ho mai fatto conti precisi, meglio non farli, ma penso che i trasporti incidano economicamente per non meno di 15.000 euro annui.<BR/>Mi ritengo un privilegiato perché possiedo un piccolo appartamento in città che ci consente di non fare i pendolari all'ora di pranzo. Altra casa aperta e relativi costi.<BR/>Tutto questo in una città di soli 90.000 abitanti!<BR/>Non ti racconto tutto questo per farti sapere i fatti miei ma per dirti che ho titolo, come semplice cittadino, a parlare del fenomeno periferia. Certo, non del fenomeno periferia di Milano o Roma o Napoli o Genova, o Torino. Credi però che quelle siano migliori?<BR/>Quando torno a casa, ripeto, ho tutte le mie "comodità" ma io non vivo in un luogo, vivo in una casa comoda in un posto qualsiasi, lungo una strada qualsiasi che non è una strada ma un parcheggio di auto. Il sabato e la domenica è un luogo tranquillo in cui riposarsi ma se voglio godere di qualche relazione sociale devo montare in auto e farmi 6 chilometri andata e 6 al ritorno. Che saranno mai 6 chilometri! Niente, non sono niente,...per l'auto.<BR/>Ma si parla di una città di 90.000 abitanti.<BR/>La bellezza che tu riesci a trovare nella periferia è molto positiva ma è molto "esistenziale", come dice anche Vilma. E' bello trovare il bello anche nelle cose brutte, ma dipende dalle persone non dalle cose in sé, che sono brutte.<BR/>Dimenticavo una cosa: nel tragitto avanti e indietro passo anche da qualche altro quartiere o zona periferica e, credimi, non sono riuscito a trovare granché di bello nemmeno lì, con tutto che ad Arezzo le cose siano andate in modo migliore che in altre città toscane.<BR/>Comunque passeggerò anche nelle periferie di Firenze,a Novoli, a Rifredi, a Sesto, a Rovezzano e proverò a trovarci qualcosa di buono. Se lo trovo te lo farò sapere.<BR/>Saluti<BR/>PieroPietro Pagliardinihttps://www.blogger.com/profile/08270052623457877178noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-1239916086652624689.post-79954446298005703242008-10-27T10:37:00.000+01:002008-10-27T10:37:00.000+01:00Pietro,semplifichiamo:per te la periferia non è ci...Pietro,<BR/>semplifichiamo:<BR/>per te la periferia non è città;<BR/>per me la periferia è un concetto creato dai cultori della 'città storica' per non affrontare la vera sfida dell'architettura: ascoltare, capire, leggere i luoghi dove la gente vive senza visioni preconcette.<BR/>Le Corbusier, la carta di Atene sono tesi ormai buoni per delle comparazioni storiche, ma non credo siano opportuni per capire la contemporaneità.<BR/>Il dibattito, da tempo, credo e spero si sia emancipato da queste tesi, ti passo un link: http://www.shrinkingcities.com/it/ uno studio sul caso Venezia/Mestre di Philipp Oswalt.<BR/>Ti consiglio lunghe passeggiate per 'portarti intorno' ai temi della città e non nel giudizio chiuso delle quattro mura del tuo studio d'architettura.<BR/>A volte camminando si possono trovare superfetazioni geniali, luoghi vivi, giardini spontanei, bellezza, sorrisi, un bambino che cammina su una ruota della sua bicicletta, due pietre che segnano una porta di calcio, muliebrità parlanti da lasciare il fiato sospeso, un vero prete di periferia, un tappeto per le preghiere islamiche, una zona d'ombra per le chiacchiere di quattro amici attempati, una meretrice che ritorna dal suo lavoro, una coppia di uomini che si ama, ripeto, a volte ma non sempre, va da sè che bisogna saper vedere senza i pregiudizi della progettazione a 'scala umana' perché la periferia, fuori dai dibattiti condominiali degli architetti, è una città viva.<BR/>Salvatore D'AgostinoSalvatore D'Agostinohttps://www.blogger.com/profile/08272801306639580484noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-1239916086652624689.post-87472845345631805602008-10-26T20:13:00.000+01:002008-10-26T20:13:00.000+01:00Vilma, credo di capire cosa intendi per concezion...Vilma, credo di capire cosa intendi per concezione più esistenziale del rapporto centro-periferia e credo anche che, in buona parte e specialmente, anzi quasi esclusivamente, ragionando di aree metropolitane sia quasi inevitabile che avvenga quanto tu dici. Penso a quei luoghi privi di forma adiacenti ad aree produttive o commerciali. Ma penso anche che la forma non è imposta da una concezione esistenziale quanto dal fatto che sono state imposte forme sbagliate oppure sono state lasciate al caso e chi ci vive "deve" adattare la propria "esistenza" a quelle situazioni.<BR/>Non vorrei che si confondesse la grande difficoltà, talvolta l'impossibilità, di governare la crescita delle città come se si trattasse di un valore della modernità e quindi come se quei non luoghi che sono certe periferie fossero il "naturale disegno del disordine della società" e quindi giuste.<BR/>Io vorrei sapere se gli abitanti delle banlieu sono contenti della loro condizione esistenziale o se non sono costretti ad adattarvisi creando, ad esempio, quelle che alcuni reputano forme artistiche, quali i banalissimi e tutti uguali graffiti lungo le linee ferroviarie, nei sottopassaggi, nei lunghi muri in c.a. dei rilevati stradali.<BR/>Una cosa è sicura, checché ne dicano i vari professori amanti del moderno: la pianificazione moderna ha fallito e senza appello. Il disegno della città, a parte ogni altra considerazione, è stato in Italia teorizzato, guidato e governato da architetti e amministratori che hanno applicato alla lettera la Carta di Atene. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Nessuno può dire come potrebbero andare le cose se si cambiasse registro. Certi fenomeni sociali ed economici so bene che non sono controllabili ma almeno nei piccoli e medi centri un disegno o un altro possono fare la differenza.<BR/>Saluti<BR/>PieroPietro Pagliardinihttps://www.blogger.com/profile/08270052623457877178noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-1239916086652624689.post-58854543007378753932008-10-26T15:29:00.000+01:002008-10-26T15:29:00.000+01:00Oggi mi pare si tenda in realtà ad operare uno spo...Oggi mi pare si tenda in realtà ad operare uno spostamento del termine periferia dalla sua concezione strettamente fisico-geografica verso una più variegata concezione che tenga conto del suo essere una sorta di territorio di confine in continua ridefinizione, una realtà vitale e mutevole dove l’abitare determina la condizione del vivere e del crescere. L’opposizione centro-periferia è sempre meno geografica e sempre più esistenziale, implicante sia il concetto di abitare che di risiedere, condizione nella quale vengono meno le attribuzioni sociali e comunitarie dell’atto dell’abitare (Ivan Illich dice che abitare è un’arte).<BR/>La concezione urbanistica gerarchica che vuole il centro della città ‘superiore’ (qualitativamente, storicamente, culturalmente ecc.) rispetto alla periferia è sempre più inadeguata a riconoscere e capire le grandi trasformazioni sociali in atto e l’emergere di un generalizzato desiderio di appartenenza ai luoghi non più appannaggio solo degli abitanti del centro: il quale nel frattempo ha perso molte delle connotazioni che lo qualificavano come tale, svuotandosi proprio di quelle “attività commerciali, produttive, servizi “ che oggi non garantiscono più adeguati ritorni economici a chi le pratica.<BR/>Oggi i centri, specie delle grandi città, non costituiscono più intoccabili standard tipologici in base ai quali parametrare e valutare le periferie, poiché questa ultime sono detentrici di una serie di specificità assai più consone a interpretare i moderni processi economici, sociali, culturali in gran parte indotti dalla globalizzazione, mettendo in crisi il tradizionale schema binario centro-periferia.<BR/><BR/>Il binomio centro-periferia, una delle tante antinomie spaziali quali dentro/fuori, su/giù, vicino/lontano che partono dall’esperienza del nostro corpo fenomenologico (ricordo vari post del tuo blog sulla città come organismo), ha stabilito un canone, una scala di valori, una sorta ‘mappa dell’immaginario culturale’ che fanno parte di un progetto più generale di gestione del territorio: costantemente parametrata ad una rappresentazione del centro cristalizzata in un immutabile passato la periferia esiste in quanto oggetto di intervento e regolamentazione ‘ad immagine di’.<BR/>Superato questo confronto, la periferia, simbolo della diversità, dell’attraversamento di una frontiera, dell’esplorazione dell’ignoto, diviene metafora di un moderno modo di essere uomini ed abitanti, proiettando sul territorio altre rappresentazioni di sé.<BR/><BR/>VilmaAnonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-1239916086652624689.post-83315072158065828682008-10-25T18:07:00.000+02:002008-10-25T18:07:00.000+02:00In attesa dei discorsi seri mettiamo un pò di musi...In attesa dei discorsi seri mettiamo un pò di musica di sottofondo?<BR/><BR/>E io che pensavo fosse la periferia il punto in cui si stabilisce il limite esterno fra una forma e l'altra; solo un questione geometrica per me?<BR/>Allora dico cosa mi viene dal cuore come definizione di "periferia": essa è il punto in cui cominci a rilassarti, le code finiscono, gli alberi si intravedono e poi si affollano, riconosci le case di chi conosci, trovi la "tua" strada e arrivi infine dove sei accolto.Anonymousnoreply@blogger.com